Scritta scorrevole

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Insegnante di inglese appassionata di scrittura e di fotografia e profondamente innamorata degli animali. Questo blog è un ampio rifugio in cui condivide passioni, letture, riflessioni, novità sui suoi libri e molto altro. INSTAGRAM: @simona_giorgino (profilo autrice), @photosfromthewind (profilo fotografico).

lunedì 20 dicembre 2010

Tailleur e mocassini

Tutti questi rumori nel palazzo mi hanno svegliata presto stamattina. Volevo essere più in forma che mai per il mio colloquio di lavoro e invece mi sento uno zombie. Non ho dormito bene. Ieri sera mi sono addormentata tardi, tra un pensiero e un altro non avrò chiuso occhio prima dell’una. Ormai sono in piedi e ne approfitto per fare colazione con cereali e una spremuta d’arancia. Ma si, ora ricordo. La proprietaria di casa mi ha avvertita qualche giorno fa che oggi sarebbero iniziati dei lavori nel palazzo. I tecnici della caldaia sono stati puntualissimi: su per giù alle 7 erano già qui. Intanto, tra un boccone di cereali ed un sorso di spremuta, ripasso tra me e me nozioni che potrebbero servirmi per il colloquio, per questo incontro a tu per tu con il capo della MG&co, uomo distinto, di grande fascino, il fascino dell’uomo potente nei suoi appena compiuti 35 anni. Me lo immagino già, giacca e cravatta, camicia bianca, sorriso splendente, ancor più splendente di quando lo incrociai per la prima volta nei parcheggi della MG. Mi ricordo a fissarlo inebetita mentre quello, con le sue cartelle sotto le braccia e il suo passo veloce diretto nel suo bell’ufficio, non si sarebbe mai potuto accorgere di me. Si chiama Mark. Mark Salmon. Mi hanno raccontato tante cose su di lui e non nego che alcune di queste… mi piacerebbe provarle da me per crederci!
E’ da due giorni che nuoto nella fantasia alla ricerca di qualcosa di carino da indossare e per l’occasione ho acquistato un tailleur niente male. Ho anche avuto il dubbio di essere troppo elegante, optando per un jeans alternativo, un abbigliamento più stravagante, ma non voglio assolutamente rischiare una brutta figura, anche perché non sono magra, i jeans metterebbero in risalto la mia ciccia e il mio gran posteriore. Vada per il tailleur, che non è poi tanto aderente.
Mark è come un idolo per me, da sempre, da quando lavoro come magazziniera per la MG&co. Mia sfortuna è solo che la sede del magazzino non è nello stesso comune della centrale e quindi mi capita solo di rado di incontrare Mark di persona. Direi mai. Quando la mia amica Tania mi ha rivelato che il capo cerca una nuova segretaria, non ho esitato a presentare la mia candidatura, come per “passare di livello”. Ah! Che gioia pensare di poter stare al suo fianco tutti i giorni, passargli le telefonate, prendere per lui gli appuntamenti, portargli un buon caffè mentre è immerso nel suo lavoro. Glielo porterei proprio mentre è incasinato con il lavoro, così che potrebbe apprezzare ancora di più il mio caffè, gli strizzerei l’occhio e lui cascherebbe tra le mie braccia… Devo mettercela tutta e al colloquio devo essere impeccabile. Tania mi dice di non esagerare nei pensieri, dopo averle confidato la mia eterna cotta per Mark. Mi dice di non puntare su uno che ha la puzza sotto al naso, che crede di essere chissà chi solo perché si è fatto strada con maestria nel campo dell’imprenditoria e perché lo vedi sfrecciare in una Porsche ultimo modello, e dice anche che con le donne ci va giù pesante, ogni sera o quasi con una diversa, tutte magre, snelle, tacco a spillo di 10 centimetri e rossetto rosso su labbra carnose. Così mi dice Tania, ma perché non posso seguire il mio istinto? A me non importa che Mark abbia questo vissuto. Un uomo innamorato potrebbe cambiare, no? E se davvero dovesse funzionare, se davvero fossi io la sua futura segretaria? E se tra di noi nascesse un’amicizia particolare? Sto sognando ad occhi aperti. Non mi va comunque di fare di un uomo quello che gli altri mi dicono di lui. Non mi va di farlo, se non lo conosco. Non posso credere che un uomo sia ciò che sento in giro, debbo provarlo da me. Per quel poco che so e per il mio istinto, credo invece che Mark non sia così come lo dipingono, che nel suo petto si nasconda un cuore tenero, e non lo dico solo perché sono innamorata di lui. Ma ora basta con tutti questi pensieri, sono ancora qui in pigiama a bere spremuta d’arancia, è meglio che inizi a prepararmi. Ma suonano alla porta e sono costretta ad aprire in queste condizioni. Apro e vedo un tizio tutto sporco di intonaco, capelli neri e spettinati, barba incolta. Non parla subito ma sfido io che sia uno dei tecnici delle caldaie che viene a rompere per controllare anche la caldaia del mio appartamento. E’ sporco. Mi fa anche ribrezzo farlo entrare, ho la sensazione che mi sporcherà tutto il pavimento. Ma ora sto esagerando. L’importante è che si muova perché non ho molto tempo per stargli dietro dovendomi preparare per il colloquio. Mi spiega con un accento poco elegante che deve dare una controllatina alla mia caldaia. “Controllatina”, ha usato proprio questa parola, eppure sono già 15 minuti che è di là. Sono costretta ad andare ad avvertirlo.
“Senta, scusi, quanto ci mette ancora?”, chiedo con un tono non troppo simpatico. Lui mi risponde con una serie di paroloni tecnici come se potessi capirci qualcosa, poi mi guarda e sorride. Correggendosi dice:
“Dobbiamo sostituire tutte le caldaie e le spostiamo sul terrazzo per non disturbare nessun inquilino del palazzo”. Ah, bella scoperta, e lo dovete fare proprio stamattina?
“Ma non si preoccupi”, aggiunge sorridendo “Oggi è solo una controllatina. Verremo domani per ultimare i lavori”. Ah menomale! Mi sento sollevata e dato che mancano ancora due ore al colloquio decido anche di essere gentile ed offrire una spremuta d’arancia al mio tecnico della caldaia. Lui accetta e in pochi minuti siamo in cucina a scambiarci due parole e a darci del tu. Mi accorgo che mi guarda piuttosto inebetito, quasi come io guardavo Mark le prime volte che avevo il piacere di incrociarlo per caso. Mi parla di sé, mi dice che si chiama Alberto e che ha 35 anni. Anche lui. Quando me lo dice penso a Mark. Tutto mi fa pensare a Mark. E’ simpatico ma mi rendo conto che il tipo ci sta provando. Sono in pigiama, penso in un batter d’occhio. Senza trucco, in pessime condizioni. Eppure mi pare proprio che il tipo sia interessato e me ne dà conferma quando mi chiede: “Ti sembrerò un po’ affrettato, ma io volevo invitarti a vedere un film al cinema se ti va”. Lo dice timidamente. Resto qualche secondo in silenzio come stessi valutando l’offerta, lui se ne accorge e fa una smorfia come per dire “come non detto, non avrei dovuto”. Io gli rispondo che non ne ho grande voglia, e mi accorgo che mentre lo dico mi sto rendendo un poco superiore: mi sento desiderata, ho la situazione in pugno e il tipo pende proprio dalle mia labbra. Mi ripete di non preoccuparmi, che mi capisce bene. Non so cosa mi succede, ma gli racconto anche del mio colloquio e del mio interesse eterno per quest’uomo d’affari, e glielo dico come volessi sminuirlo. Alberto è solo un tecnico delle caldaie. Mark è un imprenditore in Porsche. Dopo essermi confidata con lui non tralasciando alcun particolare, noto un tenero sorriso da parte sua, un sorriso che non biasima. Mi pento di ciò che ho detto ma ormai è fatta.
Rimasta sola, mi sbrigo a prepararmi, metto la mia ciccia nel tailleur che ho acquistato per l’occasione e scivolo in macchina verso la MG&co. Arrivo in sala d’attesa. Trovo un sacco di gente, tutte donne. Ma cosa mi aspettavo? Non avevo pensato all’eventualità che fossimo così tante. Mi sento una briciola in un mare di briciole di pane. Un granello in una distesa di sabbia. Ma soprattutto la mia ciccia e il mio tailleur non si abbinano alla cornice che mi circonda: ragazze tra i 20 e i 25 anni (tutte con almeno 10 anni meno di me), in gonna e tacchi a spillo di 10 centimetri. Alcune hanno anche un rossetto rosso su labbra carnose per l’occasione. Ad un certo punto mi viene il dubbio di essere finita ad un provino per aspiranti modelle invece che ad un colloquio di lavoro. Mi sento un pesce fuor d’acqua. Cerco di rimediare correndo nella toilette. Frugo nella mia borsa e ci trovo un rossetto rosso: ah che fortuna non averlo lasciato a casa! Mi giro intorno e mi accorgo che non ci sono neanche specchi in questa ricca toilette della MG&co. Va bene, non fa niente. Metto il rossetto in tutta velocità ed esco per ricongiungermi con le mie rivali. Mark ha appeso una lista fuori dall’ufficio sulla porta, ci sono tutti i nomi di noi candidate segretarie nell’ordine in cui verremo chiamate. Accalcandomi acidamente tra le rivali e schivando gomitate sulle tette riesco a leggere che sono la numero 17. Niente male. Per fortuna la superstizione non è delle mie. Attendo il mio turno a metà tra con il cuore in gola per l’emozione di dover incontrare Mark di persona e un’invidia rabbiosa per queste giovincelle che vorrebbero rubarmi il posto di lavoro. Ciò che mi distingue da loro, ed è quello che capto dalle loro chiacchiere d’attesa, è che io possiedo una laurea, sebbene mai sfruttata, mentre la maggior parte di loro non ha titoli significativi. Uno a zero per me! E va bene, uno a uno, considerando la loro taglia numero 42. C’è questa Sarah accanto a me che non la smette di parlare, e poi Vanessa, le sento chiamarsi per nome, devono essere amiche, si raccontano di tutto in questa attesa, le loro gambe lunghe messe in risalto da gonne modello mini distolgono per lo meno dai loro discorsi inutili. Mentre provo a sminuire tutte loro nella mia mente, Mark esce dall’ufficio per chiamare la prima candidata. Com’è bello! E’ elegantissimo e impeccabile. E che timbro di voce! I colloqui non durano tantissimo. Dopo una decina di minuti la prima candidata è già fuori tutta sorridente e se la tira fino alla porta di uscita sui suoi super tacchi. L’attesa non è noiosa, e quando arriva il mio turno sono ancora tutta pepe come quando sono arrivata. Chiama il mio nome e il cuore mi batte forte. Non è solo un colloquio di lavoro, è un colloquio di lavoro face to face con l’uomo di cui sono segretamente innamorata da anni! Appena entrata, mi accorgo che l’ufficio è circondato da specchi.  In un secondo mi vedo riflessa dappertutto. Ci sono un sacco di me, su ogni lato della stanza. Mi accomodo sulla sedia che mi indica Mark e in un momento in cui mi sono fissata sulla mia immagine in uno degli specchi mi accorgo di una sbavatura di rossetto, penso in un baleno che potrebbe anche mettere uno di questi specchi nella toilette dell’edificio! E mentre Mark è chino sul mio curriculum vitae per consultare i miei dati ne approfitto per una rapida ma efficace passatina di dita sulla sbavatura. Faccio appena in tempo a concludere l’operazione, che Mark alza lo sguardo e mi guarda con i suoi dolcissimi occhi verdi. Sto per svenire. Se mi guarda così non riuscirò a comporre frasi di senso compiuto. Mi sento goffa e insicura, ma non lo do a vedere. A meno ché l’emozione non mi stia giocando brutti scherzi, credo che non siano passati neanche due minuti da quando sono entrata in questo ufficio e le parole che ora sta pronunciando fanno credere che sarò fuori tra meno di un altro minuto.
“Voglio essere sincero con te come lo sono stato con altre che sono passate da qui prima di te. Cerco una persona… con altre… caratteristiche”, e per me è come se avesse detto “Cerco una giovane ventenne con un gran bel cu… rriculum vitae. Tu sei fuori!”. Lo guardo inebetita, stavolta per la delusione. Non mi ha fatto neanche aprire bocca. Non riesco a dire niente se non un insensato “Grazie”. Ma grazie di che? Prima di mandarmi del tutto via, è anche così gentile da dirmi, indicando la dicitura “Esperienze professionali” sul mio CV: “Comunque il posto di magazziniera per la mia ditta, quello non te lo toglie nessuno”, ah menomale, che buon uomo! Mi perdo un’ultima volta nei suoi occhi irresistibili ed esco dalla porta del suo ufficio. Sarò di sicuro di un colore tra il rosso e il bordeaux. Me la tiro fino alla porta di uscita sui miei mocassini neri. Come posso indossare un paio di mocassini sotto un tailleur?, penso. Sono l’imbranataggine fatta persona. Come poteva Mark assumere una come me? Una grossa magazziniera in mocassini e tailleur.
Torno a casa e mi immergo in un enorme piatto di pasta alla carbonara. I pensieri non mi abbandonano per tutto il pomeriggio. Verso sera ricevo una telefonata di Tania, la quale ha per certo i risvolti della situazione, lavorando a stretto contatto con Mark. Oltre al suo inevitabile “te lo avevo detto io” che giunge puntuale dopo avergli raccontato il modo in cui sono stata trattata, mi svela anche che Mark ha assunto come sua fedele segretaria una certa Sarah. Già, Sarah, paio di gambe lunghe sotto quasi inesistente minigonna: chi lo avrebbe immaginato? Forse tutti tranne me. Le sue gambe avranno distolto dai suoi discorsi inutili l’attenzione di Mark, sempre che le abbia permesso di aprire bocca… per parlare, s’intende! Ora basta, meglio non pensarci.
Vado a letto e mi addormento affondando la mia testona nel cuscino. Mi sveglio che già il sole entra nella stanza dalle fessure della finestra. Mi pare di aver dormito per tre giorni e tre notti di seguito. Non faccio neanche in tempo ad aprire gli occhi che suonano alla mia porta. In un baleno mi vengono alla mente la caldaia, i tecnici e il mio pigiama. Non faccio in tempo a cambiarmi. Corro ad aprire. Alberto appare da dietro la porta sorridendo. Gli chiedo scusa per il mio stato e gli dico che avevo dimenticato di mettere la sveglia. Lo faccio entrare e lui comincia i lavori. Ad un tratto lo sento dire qualcosa, gli chiedo di ripetere perché non ho capito e mi dice: “Ti chiedevo come è andato il tuo colloquio di lavoro”. Senza che se ne accorga gli getto uno sguardo diabolico. Avrei preferito dimenticare tutto in fretta e non prendere il discorso con nessuno. Gli dico: “Diciamo che… rimango magazziniera”. Lo dico con un tono di voce tale che lui sembra capire che non è andata affatto bene e soprattutto che Mark non è esattamente quella persona che mi aspettavo e di cui tanto gli avevo parlato. Infatti ora lo so, Mark è esattamente la persona che mi raccontavano gli altri. Mi sono illusa che potesse essere diverso e l’ho fatto solo perché ne ero innamorata. Forse in cuor mio ho sempre saputo che tipo di persona lui sia. Mentre svolgo questi pensieri di delusione nella mia mente, Alberto ha finito di operare alla caldaia, mi dice che manca un pezzo e che tornerà più tardi. Mi stupisce che indossi sempre questo sorriso dolce e gratuito e ammiro la sua pacatezza e la sua tranquillità. Quasi quasi mi dispiace di avergli detto quelle cose ieri mattina. Non mi chiederà più di uscire, ne sono sicura. È quello che mi merito! Lo accompagno alla porta e lo guardo scendere piano la scalinata che conduce all’ingresso del palazzo, ma prima che io possa richiudere la porta alle mie spalle, mi dice: “Ehi, comunque la mia proposta è sempre valida” e scompare con un sorriso.

S. Giorgino

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