Scritta scorrevole

"Go as far as you can see, when you get there, you'll be able to see further" (T. Carlyle)

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Insegnante di inglese appassionata di scrittura e di fotografia e profondamente innamorata degli animali. Questo blog è un ampio rifugio in cui condivide passioni, letture, riflessioni, novità sui suoi libri e molto altro. INSTAGRAM: @simona_giorgino (profilo autrice), @photosfromthewind (profilo fotografico).

martedì 28 dicembre 2010

La ricerca di mercato

“Net, buongiorno”
“Sono Maria Rossi, chiamo per conto di RdM, un istituto di ricerche di mercato, potrei porgerle delle domande a fine statistico sulla telefonia della sua azienda?”.
Mi sento strana. È come se conoscessi questa voce che mi ha risposto dall’altra parte del telefono. Mi sento imbarazzata, ma può essere mai? E’ una voce calda, bassa. Lui è un uomo calmo, molto disponibile. Ha interrotto il suo lavoro per concedermi l’intervista. Ma chiamo nell’Emilia Romagna, è impossibile che sia lui. Cosa ci farebbe in una ditta dal nome “Net”, nell’Emilia Romagna? Beh, ammetto che in verità non mi sono più preoccupata di chiedere notizie di lui. Potrebbe essere in qualsiasi parte del mondo adesso, tanto non lo saprei. Sono anni che ormai non so più niente di lui. Tre anni, per la precisione. Avevamo perfino cambiato i nostri numeri di telefono, e non avevamo più avuto modo di sentirci. Io sono scomparsa dalla sua vita senza interessarmi più di niente, se non del mio futuro, delle mie aspirazioni. Del mio egoismo. Paolo… lui è rimasto solo un ricordo, niente di più, una storia vissuta, un periodo della mia vita piena zeppa di ricordi. Eppure, chissà perché, dopo anni ancora, talvolta, mi scopro a pensarci. Forse, in verità, non ho mai accettato del tutto la fine della nostra storia.
“La informo che l’intervista resterà anonima nel rispetto della legge sulla Privacy 196/03”.
Mi sento imbarazzata. Mi rendo conto di essermi ormai convinta di star parlando davvero con Paolo. Vorrei chiederglielo, ma mi blocco… risulterei ridicola, si, a dir poco ridicola. Cosa potrei dire? Lei si chiama Paolo? Siamo stati per caso insieme tre anni fa? Riderebbe di me. Meglio tacere. È sicuramente la mia immaginazione. O semplicemente una voce, un accento, un tono completamente uguali a quelli di una persona che conosco. Tutto qui. Basta paranoia. La verità è che da quando lavoro qui ho sempre avuto paura di poter comporre un giorno il suo numero, di chiamarlo… di ritrovarmi di nuovo a parlargli. Il fatto è che lasciarci non era stata una nostra scelta. La vita aveva scelto per noi. Le telefonate avevano iniziato a diminuire col tempo, quando invece nei primi mesi della nostra forzata lontananza ci sentivamo tutti i giorni, e più volte al giorno. Lui veniva anche a trovarmi spesso, nei fine settimana. Non gli mancava mai l’occasione di andare alla TravelCost, la sua agenzia viaggi di fiducia, e comperare un biglietto per il treno. - Sono stato da TravelCost - , mi diceva al telefono, e io capivo già che il giorno dopo sarebbe arrivato da me, con le sue valigie piene di regali, con i suoi occhi grandi, con i suoi abbracci forti, e i suoi baci smaniosi. Questo, ormai, col tempo, accadeva molto più di rado. Ad un certo punto, avevo anche iniziato ad avere il sospetto che si fosse innamorato di un’altra donna. Anche lui aveva di me lo stesso sospetto. Ma io, no, non mi ero innamorata di nessuno. C’era un amico, si, nella nuova città, un amico più speciale, e forse, a dire il vero,  un po’ ne ero attratta. Ma Paolo rappresentava per me un punto di riferimento, era una persona troppo importante e la sua importanza non era venuta certo meno per via dei chilometri che ci separavano, e non lo avrei mai tradito. Tuttavia, era stato il destino a tradire noi. Arrivavano puntuali le nostre paranoie, ormai, tutte le sere, al telefono. Lui mi rimproverava di tradirlo, io di comportarsi da uomo immaturo. La lontananza non stava giovando al nostro rapporto. Non so neanche dire il momento in cui, precisamente, la nostra storia è finita. Probabilmente non ce lo siamo neppure detti apertamente. Lo avevamo semplicemente capito, percepito.
“Possedete linee mobili aziendali, intestate alla partita iva?”
Di nuovo il sospetto che sia Paolo mi rende imbarazzata. Attendo la sua risposta, per studiarne la voce.
“Si”, dice. Lo dice con un tono particolare, il tono che solo un conoscente potrebbe usare con me, non un intervistato qualunque.
“Possedete l’ADSL in azienda?”
“Si… Maria”
“Il vostro collegamento Internet è di tipo WiFi?”
“Si, Maria, è di tipo WiFi, lo è da poco”
Mi concedo un attimo di pausa, per fare un profondo respiro. Solo lui mi chiamava Maria con quella dolcezza nella voce. Questa è la voce di Paolo, ne sono certa, sebbene un po’ camuffata dal raffreddore, ne sono certa, questa è la voce di Paolo.
“Da quanto tempo lavora in questa azienda, signore?”
“Due anni e mezzo, Maria. Sono partito anche io, qualche mese dopo”
Rimango in silenzio. Ecco, non ho più dubbi che sia lui, ma non ho neanche il coraggio di dire qualcosa che non sia sullo script che devo pronunciare.
“Con quale provider avete sottoscritto il contratto Internet?”
“Sono partito perché non avevo più motivo di rimanere a Manfredonia. Insomma…”
“Con quale gestore… avete… Internet?”
“…anche tu eri partita. Ho approfittato di questa proposta di lavoro. Mettermi in società”
“Saresti potuto venire da me”
“Volevo dimenticarti”
Restiamo per un attimo in silenzio. Non so cosa dire. Il cuore mi batte forte. Rimango per un istante a fissare il monitor del computer, fermo sulla domanda G6, il mouse puntato su una delle risposte che dovrei flaggare. Ma non aspetto più una risposta alla mia domanda sul provider Internet, aspetto una risposta sul perché non fosse venuto da me. Perché non mi aveva neanche avvertito, che stava partendo? Che la sua vita stava cambiando? Che aveva ricevuto questa proposta così importante? Ma cosa mi aspetto? Era finita. Tra me e lui era finita. Io non ero più niente per lui, non ero più niente nella sua vita. Perché pretendo di essere importante per qualcuno anche quando non faccio più parte della sua vita?
“Perché?”, ripeto.
“Mi era parso che non volessi più sentirmi. Era finita, Maria, vero?”
“Si”, rispondo in tutta fretta. Ma in realtà non sono convinta di questa mia risposta. Era finita veramente? O era stata la vita a decidere per noi? Perché dopo tanto tempo ancora mi scopro a pensare a lui? Perché, poi, lo penso con un sorriso? Non ho mai pensato a Paolo con rabbia, o astio. Ma solo con un sorriso. Con rimpianto, forse, quello si. Non eravamo stati abbastanza forti da reggere la distanza.
“Come te la passi, lì, Paolo?”
“Bene, e tu? Fai le ricerche di mercato, adesso?”
“Si”
“Ho incontrato una persona”
“Anch’io”
“Sei felice?”
“Forse, e tu?”
“Forse”
Le nostre voci sono basse, calde, affettuose. Vogliamo sapere l’uno dell’altra, ma sappiamo di avere poco tempo a disposizione. Sappiamo, inoltre, che non ci sentiremo più. Che abbiamo ormai due vite diverse.
“Lei lavora con me in azienda, sai, così…”
C’è incertezza nella sua voce. C’è voglia di dirmi di sé, come se volesse farmi capire che, però, la sua nuova vita è imparagonabile a quella che aveva vissuto insieme a me, e che nel tempo anche lui ha capito che qualcosa è rimasta irrisolta, è rimasta come sospesa a mezz’aria.
“Maria…”
La dolcezza di quella voce… mio Dio, mi riporta indietro nel tempo, alle nostre telefonate, alle lunghe conversazioni nei pomeriggi di primavera, seduta sul balcone della mia stanzetta, a guardare le macchine passare giù, con la sua voce calda e profonda nei miei orecchi. - Sono stato da TravelCost - , e la mia gioia, indescrivibile, si diffondeva come una droga nelle mie vene, in tutto il mio corpo, urlavo di felicità. - Non vedo l’ora di abbracciarti, amore mio! - .
“Maria…”
Non posso più ascoltarlo, no, è inutile, è solo una ricerca di mercato, tra qualche minuto devo interrompere, chiudere questo telefono, e fingere di non averlo mai sentito, di non sapere niente di lui. Già, forse sarebbe stato meglio non sapere mai più niente di lui. Ora invece so. So che ha una donna, che è in Emilia Romagna, che è diventato socio di una ditta dal nome “Net”. Ma preferivo non sapere niente.
“Maria…”
“Devo concludere l’intervista, Paolo”, dico freddamente. “Avete servizi di POS collegati con la rete fissa?”
“Si”
“Avete rete Extranet?”
“No”
“L’ultima domanda: Avete linee dedicate alla sola trasmissione di dati?”
“No”
“L’intervista è conclusa. La ringrazio per la sua cortesia”
“Maria… io non avrei… non volevo che andasse così”
“Neanch’io, ma a che serve, adesso, dirselo?”
“Già…”
Incertezza nella sua voce, indecisione, esitazione. Come se volesse dire tanto altro.
“Grazie Paolo, ciao”

Sono provata, ma cerco di non darlo a vedere. Per fortuna nessuno ha sentito la mia conversazione. Guardo per un momento il display del telefono. Basterebbe fare “redial” per richiamarlo, dirgli che io non ho cambiato casa da allora, che sono sempre lì, al solito numero civico, e che mi sono laureata, e che questo delle ricerche di mercato non è il mio unico lavoro, che sono finalmente una web designer come desideravo da sempre, e che sto insieme a una persona con cui condivido molti bei momenti, ma che penso ancora sempre a lui e a questa storia interrotta. Vorrei chiamarlo e dirgli che forse potremmo rivederci, potremmo raccontarci un po’ di noi. Fisso il display ancora per qualche secondo: se compongo il numero del prossimo cliente a video, il suo sarà irrecuperabile ormai. Già, una storia interrotta. Mi sembra che qualcosa sia rimasto in sospeso nell’aria. Sono ancora incredula. Era davvero lui? Ho davvero parlato con lui? Tra mille numeri, proprio il suo, e tra tante colleghe, è capitato proprio a me chiamarlo. Risento ancora la sua voce nella mia mente, “Maria…”. Ha un’altra donna, ha un’altra vita. Io ho un altro uomo. E anche se mi sembra che la mia vita al momento abbia perso tutta la sua importanza che ero riuscita a darle, anche se mi sembra che quei pochi istanti al telefono abbiano cancellato tutto questo tempo in cui mi sono rifatta una vita, so che tornerà tutto come prima. Paolo rimarrà un ricordo, proprio come pochi minuti fa. Rimarrà una voce dall’altra parte del telefono. Rimarrà quella storia sospesa in mezzo alla mia vita, un puzzle mancante di un pezzo, si, ma chissà, chissà dov’è quel pezzo.

S. Giorgino

2 commenti:

  1. Mi ha ricordato la scena di un qualche film o di qualcosa che ho visto da qualche parte, ma non so dove!
    Comunque nonostante la stanchezza non riuscivo a smettere di leggere!

    RispondiElimina
  2. Ohibò, sono contenta quando mi dicono "non riuscivo a smettere di leggere". Quello che mi propongo in questo genere di raccontini è proprio di tenere viva l'attenzione del lettore e portarlo con gioia fino alla fine... Quindi... GRAZIE! ;-)

    RispondiElimina

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