Scritta scorrevole

"Go as far as you can see, when you get there, you'll be able to see further" (T. Carlyle)

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Insegnante di inglese appassionata di scrittura e di fotografia e profondamente innamorata degli animali. Questo blog è un ampio rifugio in cui condivide passioni, letture, riflessioni, novità sui suoi libri e molto altro. INSTAGRAM: @simona_giorgino (profilo autrice), @photosfromthewind (profilo fotografico).

martedì 29 novembre 2016

Come in un dipinto.

È venuto un forte vento freddo a buttare giù le foglie degli alberi, che fino a ieri avevano ancora le chiome colme di rosso e arancione. Questo forte vento freddo è venuto proprio da un momento all'altro, non ho avuto neppure il tempo di salutare l'autunno, è stato un istante: tornando nel parco per la consueta passeggiata l'ho ritrovato spoglio, verde, un po' gelido, seppur sempre meraviglioso nell'incanto della sua bellezza. 
Dipinto di Leonid Afremov.
Mi ero particolarmente affezionata a quelle stupende foglie che cadevano sul suolo creando immensi tappeti arancioni, e a quelle che ancora resistevano attaccate ai rami, e a quelle che svolazzavano nell'aria dopo improvvise folate di vento. Mi sentivo molto vicina a loro. L'autunno mi riempie il cuore di calore e di incanto. D'autunno mi sento particolarmente partecipe della natura, quella natura che un giorno rinascerà, ma non oggi, quella natura intrisa di un profondo senso di caducità imminente, quella natura che mi fa sentire nel mio habitat naturale, come se ne fossi una parte integrante, come se l'autunno fossi io. 
Quel parco è stato la prima cosa che ho visto quando sono arrivata qui quest'anno. Era impossibile non notarlo: si stagliava imponente sullo sfondo di un'elegante zona milanese, ed era come un potente richiamo al quale non potevo restare indifferente. Quel giorno il parco mi ha accolta con i suoi colori caldi e autunnali, con il porpora delle foglie, e con un cielo che preannunciava la sera fra il blu e le scie rosse del tramonto. 
L'ho scoperto piano piano, fra un impegno e un altro. Fino in fondo ci sono arrivata solo poco tempo fa. Ho fatto in tempo a catturarlo in mille foto, in tutte le pose e in tutti i colori che mi offriva, ma poi stamattina, improvvisamente, l'inverno lo ha trasformato. Si è portato via tutte le foglie, e i colori caldi, e i tappeti secchi, e il mio habitat naturale. Si è portato via il quadro impressionista in cui ogni volta avevo la sensazione di camminare, come se fossi una di quelle figure stilizzate dipinte da Leonid Afremov. Mi sentivo addosso una spennellata di colori ad olio. Chissà di che colore dipingerebbe i miei abiti Afremov, chissà che espressione mi metterebbe sul volto, chissà che cosa penserebbe spennellando la mia figura, e gli alberi, e la natura intorno a me.





Simona



sabato 12 novembre 2016

Milano vestita d'autunno


In questo periodo Milano si veste d'autunno, con mille colori che riscaldano gli occhi, mentre una leggera frescura si introduce furtiva nella fessura fra il collo e il cappotto. In un pomeriggio presto, decisamente assolato, di un sole che ancora si fa rispettare, attendo, piccola e sola, lasciandomi baciare dai raggi che intensificano il rosso dei miei capelli e diventando tutt'uno con l'autunno. Sul lungo viale i tappeti di foglie e gli alberi carichi di colore dipingono il paesaggio facendolo sembrare un quadro impressionista. Vedo quasi una spennellata di Monet fra le fronde cariche di rosso e arancione. Sono improvvisamente immersa in quest'atmosfera incantevole di una zona che non conosco, che appare delicata, eterea, come studiata nei minimi dettagli; il cielo terso che si alza alto tra i palazzi a metà fra il moderno e l'antico sembra essere stato messo lì in mezzo da un pittore; una piccola pozzanghera venuta chissà da dove, i due lati della strada perfettamente disegnati, mi sembra quasi di essere sul set di qualche fotografo professionista che ha adagiato con sapienza i vari elementi per preparare al meglio la composizione dello scatto. I vecchi condomini di ringhiera, i bar e le creperie sotto casa, il "Sole Salentino" che pare quasi essere stato messo lì apposta per me, gli appartamenti moderni con le porte blindate e i sanitari di ceramica bianca e lucida. Un viale lungo, tutto da scoprire, che ha colori indescrivibili, come se fossi solo io a vederli, come se fosse un sogno che solo io posso raccontare. 
Più tardi di un paio d'ore mi ritrovo ancora altrove, in un'altra zona sconosciuta. Il sole viene a calare, e anche il fresco comincia a farsi sentire, procurandomi brividi e tremolii. Ma io resto seduta su questa panchina, ancora in attesa, a esplorare il mondo circostante e a godere del rosso di questi grandi alberi, in questo parco di cui ignoro il nome ma che è già mio intimo amico. 
Grandi cose mi prometti, come solo tu sai fare. Mi fa tristezza che questi siano gli ultimi tempi trascorsi nelle tue immense, incantevoli atmosfere di città. 





Simona



lunedì 5 settembre 2016

Io voglio per te l'immenso.

A volte ho perfino paura di chiedermi quanto bene ti voglio. Vorrei per te l'immenso, vorrei per te che le gioie della vita si moltiplicassero a dismisura. Vorrei per te una forza miracolosa, che ti parta da dentro per schiaffeggiare il male ogni volta che questo dovesse tentare di bussare alla tua porta. 
Non ho ben chiara l'immagine che vedo al posto tuo, ma è qualcosa di indescrivibilmente meraviglioso: un'aura fresca e signorile, intoccabile, irraggiungibile, che resterei a fissare, ammaliata e indisturbata, per giornate intere senza mai stancarmi. 
Vorrei fossi una promessa per me, quale in verità già sei: la promessa di una vita perfetta, di una serenità conquistata, del successo sempre a portata di mano, la promessa di un sorriso facile e naturale che si apra senza mai difficoltà sul tuo viso. 
So già che il male toccherà anche te, so che a volte piangerai e resterai delusa dal mondo e dalle persone, so che forse un giorno ti chiederai il perché di tutto questo, so che le lacrime bagneranno le tue guance morbide, fino ad arrivare a inumidire le tue labbra rosa che, in quelle poche gocce amare, crederanno di sentire il sapore della vita. 
No, tesoro, non devi mai pensare che la vita sia solo quello: al di là di quelle lacrime c'è tutto un fantastico mondo! Questa è la forza che tu hai dentro - perché so che ce l'hai: saper realizzare che il dolore è solamente passeggero, e soprattutto fare in modo che sia davvero così. Non tenerti mai il dolore dentro, esternalo sempre e fallo andare via così com'è venuto! Sii in grado di fare della sofferenza una delle tante cose che caratterizzano l'esistenza. Sii in grado di viverla profondamente per poi distaccartene. Restando troppo ancorati ai dolori si rischia di farli propri e di non liberarsene mai più.
Sei una forza della natura. Credimi, è così: lo leggo nei tuoi occhi e lo vedo in tutto quello che fai, nei tuoi movimenti leggeri con cui parli alla vita e alla gente, nelle tue parole già così profonde e sincere, nella tua generosità, nella tua immensa, inarrivabile sensibilità. 
Ho quasi timore ad ammettere la tua profonda sensibilità, perché a volte la vita sa essere dura con le persone come te. Ma sappi che è proprio quella sensibilità a potersi trasformare in una forza immisurabile. Ricordalo sempre: la sensibilità è un'arma, uno strumento privilegiato con cui la gente analizza la vita, con cui la gente trova risposte alle domande che si pone. La sensibilità ci permette di vedere il mondo da varie angolature, e di andare fin nel profondo delle cose, giù giù, negli abissi dell'esistenza. Proprio per questo spesso fa soffrire: andare in profondità può far emergere terribili verità. Ma solo chi va in fondo può meglio assaporare la luce che troverà risalendo la superficie. 
Sappi usare la tua sensibilità di donna proprio in questo modo: come un'arma per capire il mondo e per difenderti. Come un'arma per non lasciarti scalfire dai dolori.
Io a pensare al bene che ti voglio mi faccio quasi paura. Sei così piccola e innocente che vorrei tu non diventassi mai grande, ma poi basta guardarti e sentirti parlare un po' per accorgermi che lo sei già.






Simona




martedì 30 agosto 2016

Regione Puglia

L'estate finisce così, senza neanche averla vista passare, fra i libri di preparazione al "concorsone" che, per altro, si è concluso bene. Giornate trascorse sui libri, ma anche giornate trascorse al mare con i libri. Sabbia fra le pagine, granelli negli occhi, sollevati dal vento che spesso quest'anno ha caratterizzato l'estate salentina, onde sul bagnasciuga, gambe finalmente abbronzate. La borsa appesa all'"attaccapanni-scoglio", gli asciugamani stesi al sole, un abbaio lontano e solitario in mezzo alle spiagge affollate di San Foca, di Torre Lapillo, di Punta Prosciutto. 
Quando giunge fine agosto, poi, e molti rientrano già al lavoro, inizi a domandarti: e ora? 
E ora, come al solito, nulla è certo: Milano è sempre lì ad accogliermi, e rimane un tassello dorato della mia fantasia, ma il concorso superato nella mia regione sembra quasi suggerirmi: casa tua è qui
Ci assumeranno, tardi o presto che sia, e io che invece immaginavo strade infinite, destini immensi che mi avrebbero fatta andare controcorrente, stagioni della vita che mi avrebbero svelato chissà quale segreto, chissà quale ricercata verità. E poi, puf, a un tratto tutto torna come prima. Di nuovo. E l'estate passa così, tra le vecchie cose di sempre e la grande novità, che per altro colpisce più gli altri che me stessa. 
Salento, Puglia
Verrà un'altra estate, e forse sarà finalmente senza libri e senza pensieri. Forse sarà finalmente un'estate di quelle che si attendono per farsi la "vacanza". Come tanti professionisti e lavoratori che attendono le ferie per godersele come Dio comanda. Facendo un viaggio, magari, o semplicemente sguazzando nelle acque del mare e mangiando friselle col pomodoro e l'olio. Rigorosamente in Puglia, in questa regione calda che sa di mamma, di grembo, di taralli e pasta fresca. In questa regione il cui cielo è sempre illuminato dal sole, e punteggiato di stelle la sera. 
I viaggi per il mondo ti arricchiscono e ti portano a scoprire immense verità, ma mai nessun posto sarà in grado di scrutarti dentro come casa tua, dove tutto è cominciato. 
Il ruolo in Puglia pare promettermi, tra le tante cose, la possibilità di essere davvero e finalmente migliore semplicemente essendo me stessa a casa mia. Chiunque io sia, chiunque io senta di essere, chiunque io sia diventata. 




Simona




mercoledì 6 luglio 2016

Prima del viaggio - Eugenio Montale





Prima del viaggio si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste, le pernottazioni
e le prenotazioni (di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano le guide Hachette e quelle dei musei,
si scambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;

prima del viaggio si informa
qualche amico o parente, si controllano
valigie e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dà un’occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;

prima del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.

E poi si parte e tutto è OK e tutto
è per il meglio e inutile.

E ora che ne sarà
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza saperne nulla. Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
che è una stoltezza dirselo.




(Eugenio Montale, Satura)



martedì 5 luglio 2016

Esami di maturità: una porta sulla vita.

Li vedi entrare sommessi, con la paura negli occhi e i sorrisi tremanti che scuotono le labbra. Si siedono lì, nel banco "incriminato", quello al centro circondato dalla commissione che, malgrado le aspettative di ogni studente, nasconde un che di meravigliosamente benevolo. Lo nascondono anche i commissari esterni, quei personaggi sconosciuti venuti da fuori, da chissà dove, che si temono come si teme chiunque e qualunque cosa non si conosca. 
Questi studenti ieri notte con ogni probabilità non hanno chiuso occhio, impegnati a rigirarsi nel letto con agitazione e a ripetere mentalmente gli argomenti principali o quelli su cui si sentono meno preparati. Eppure oggi sono qui, puntuali come orologi svizzeri. Si sono preparati al meglio, hanno indossato abiti carini per il giorno della loro maturità, hanno portato le tesine ben rilegate, dai titoli colorati e spesso altisonanti, si sono preparati a presentarle con un discorso che, per quanto cerchino di nasconderlo, pronunciano facendo affidamento alla memoria, dando a quella il compito di rompere il ghiaccio.  
Quando iniziano a parlare l'emozione viene fuori quasi sempre impetuosa. Anche nei ragazzi più determinati e sicuri di sé: si vede che le parole spesso vengono fuori tremanti. Perché questo, dopotutto, è il colloquio finale e decisivo di un percorso lunghissimo, di cinque anni intensi che si lasciano alle spalle spavaldi, assetati di vita. 
Quando viene chiesto loro di esprimersi sulle intenzioni future, su che cosa vorranno fare dopo la maturità, i loro occhi si riempiono di luce e improvvisamente sembrano già cresciuti, già più grandi di quando sono arrivati, un'ora fa: hanno tutti le idee chiare, sanno che cosa vorrebbero fare, che cosa li aspetta a settembre. I loro 18, 19 anni in quell'istante sembrano già abbastanza per intraprendere qualsiasi strada. 
Quante volte nella vita questi ragazzi forse cadranno e si rialzeranno, quanti sogni infranti ma quanti altri sogni realizzati, quanti progetti falliti e quanti altri portati a termine con grande forza e determinazione. Alcuni avranno abbastanza motivazione per combattere, altri potrebbero perderne un po' nei sentieri oscuri della sensibilità. Alcuni continueranno sempre a sapere chi sono, altri smarriranno la loro essenza per poi forse ritrovarla in qualche angolo nascosto di sé stessi. Patiranno pene d'amore, ma poi alcuni si sposeranno e avranno dei figli, altri forse decideranno che per loro le cose andranno diversamente. Alcuni saranno abbastanza fortunati da sentirsi sempre in sintonia con il mondo, sulle spalle di altri graverà probabilmente il peso di sentirsi continuamente diversi, controcorrente, spesso incompresi. Una cosa sola è certa per tutti: questi esami di maturità altro non sono che una prima tappa necessaria, una prima porta che si apre sul mondo e sulla vita: un punto di partenza. 
I commissari, a volte, vorrebbero esprimere tutto ciò, invece si limitano a un banale ma sincero "in bocca al lupo". Vorrebbero poter dare loro le chiavi per aprire più porte possibili, ma la verità è che neanche loro ne sono in possesso. Ciascuno di noi si procura le chiavi che gli spettano, in base a quanto impegno profuso, a quanta determinazione mantenuta nel corso della propria esistenza. Le chiavi non sono uguali per tutte le porte. "In bocca al lupo", dicono, ed è un augurio per quello che viene subito dopo la maturità, che sia l'iscrizione all'Università o l'ingresso nel mondo del lavoro, ma soprattutto è un augurio per la vita che continuerà sempre a essere un grande, interminabile esame di maturità. Non si è mai troppo maturi per la vita, e, dopotutto, non è per niente detto che ciò sia un male. 







Simona




venerdì 24 giugno 2016

Io non sono mai io.



Io non sono mai io,
sono tante realtà tenute insieme dagli istanti,
tante tonalità del colore che tu mi dai.
Io non sono mai io,
faccio largo a tante possibilità
che io stessa mi propongo,
quando arriva sera e quando si apre il giorno,
con il passar dei mesi e di anno in anno.
Io non so essere me,
perché la vita è talmente molteplice
che io stessa, riflessa nelle sue immense acque,
smarrisco l'essenza di chi sono.
E voglio essere le sue mille onde,
le mille bollicine che si moltiplicano nella schiuma del mare,
i tanti riflessi che sono passati di lì,
d'estate o d'inverno, scalzi o negli stivali,
esaltati o infelici,
moltitudini immense e incomprensibili
destinate a cambiare.
Non sono mai chi ero ieri né chi sarò domani:
io, semplicemente, mi rincorro in mezzo all'esistenza
nutrendo la sola speranza di far pace, prima o poi,
 con l'impossibilità di essere me.
  


Simona


lunedì 13 giugno 2016

Manca poco.

L'estate arriva di soppiatto, entrando dalla finestra semi-aperta insieme a un leggero venticello che si rivela improvvisamente piacevole sulla pelle. Il sole, che non si è visto poi così di frequente negli ultimi tempi, allontanato spesso da nuvole minacciose e da piogge fresche e puntualissime, si affaccia maestoso sul paesaggio milanese rallegrando un lunedì mattina qualsiasi. Un lunedì mattina fatto di scrutini, di sogni notturni che riemergono impetuosi, di attese, di riscoperte, di pensieri repentini, di buon umore e un sopraggiunto senso di rilassatezza. Gli impegni sono ormai quasi terminati: manca poco un po' per tutto. Manca poco per il prossimo scrutinio, manca poco per l'inizio degli esami di maturità, manca poco per dirsi ciao, manca poco per chiudere un capitolo di vita iniziato un po' di tempo fa e che già si conclude, manca poco per tirare le somme finali, manca poco per lasciare questo posto e l'immensità che, diversi mesi fa, vi ho trovato dentro. Forse manca poco anche per la prossima pioggia, o per il prossimo sole. 
Manca poco per ricongiungersi con le vecchie cose, così care ma alle quali occorre riadattarsi, riabituarsi, che occorre riscoprire, rivalutare, di cui occorre trovare l'equilibrio giusto, il giusto bilanciamento di ingredienti, il cui sapore si è smarrito in mezzo alle tante cose da fare e ai nuovi impegni e progetti. Manca poco per l'estate salentina, calda e torrida, accogliente come un grembo materno, e per le passeggiate sui corsi e sulle litoranee, manca poco per i saluti, per il passato, per le cene all'ombra dondolante di una lanterna, per i puzzle infiniti in uno stanzino soffuso. Manca poco per accorgersi delle differenze, di quello che si lascia e di quello che si ritrova. Manca poco per rendersi conto che la vita a volte include anche quel senso di vuoto che ti porta spesso a non sentirti mai totalmente parte di un posto, di un angolo di mondo, e quel senso di continua ricerca che non ti fa mai capire esattamente chi sei e di cosa sei fatto, a cosa appartieni, quell'incertezza continua che ti fa sempre vivere in bilico fra il "vorrei essere questa persona" e il "non sarò mai come dovrei essere". Perché nell'essere sé stessi non c'è dovere che funzioni: per quanto uno ci provi, a seguire le mode, l'impellente bisogno di felicità lo porterà sempre a sentirsi disagiato rispetto a quello che non è e non sarà mai. 
Manca poco, insomma, per sentire il richiamo della vita, come un'eco che risuona incalzante ma dolce in una delle tante immensità che ho incontrato nel corso di quest'ultimo anno. 







Simona 



sabato 28 maggio 2016

Al di là dei "buchi neri".

Ho fatto cose che credevo non avrei fatto mai. Ho cambiato idea, ho volato da una decisione all'altra, ho rivalutato cose, situazioni, persone, perché la vita è una continua sorpresa. Ma, soprattutto, ho saltato in profondi "buchi neri", quei buchi della vita oltre cui non sai mai cosa trovarci e per questo ti terrorizzano. Quei buchi che sono come un piccolo abisso tra il presente e il futuro, quel piccolo appezzamento di esistenza che funge da transizione tra una fase e un'altra. Saltare nei buchi neri è d'obbligo: nessuno ti costringe. Si salta fidandosi di qualche parte razionale del cervello che di solito dice: "andrà tutto bene" o anche "è ciò che devi fare: vada come deve andare".
Al di là dei miei buchi neri ho sempre trovato qualche novità interessante, mescolata a quell'inevitabile sensazione di abitudine che ti permette di adattarti alle circostanze modellandole su te stesso, o modellando te stesso in base alle nuove circostanze. Ciò che ho trovato al di là dei buchi neri mi ha insegnato che nulla è impossibile: finché siamo in questo mondo, abbiamo tutte le carte in regola per farcela, a partire da una buona dose di coraggio. 
Le situazioni sconosciute sono la più bella sfida della vita, quelle che non sai mai come andrà, quelle che non sai mai che cosa ne sarà di te, quelle che ti lanciano nel mondo e mollano la presa, come un uccellino nato da poco a cui la vita chiede di spiccare il volo. 





Simona


lunedì 15 febbraio 2016

Se a breve verrai

Se a breve verrai, per quanto tempo devo ancora sognare certe estati lontane, e certi istanti fugaci che neanch'io so più quando e come sono avvenuti? Per quanto ancora dovrò sostenere il pensiero, le domande, i sentieri della mente? Quando verrai, sarà un dolce assaporare la vita, un intenso perseguire l'istante, una breve eternità che mi terrà ancorata all'esistenza. Se a breve verrai, le mie estati di questi giorni scompariranno un poco, diventeranno inverni, si mescoleranno col presente, scivoleranno lungo le rotaie dei tram, viaggeranno in metropolitana, visiteranno luoghi, faranno tutto quello che la città richiede, ma poi... non me lo spiego, è inevitabile: lascerai nell'aria quell'inconsueto odore di sera, quel soffice vento che sfiora le gambe, gambe lisce e ambrate, allungate sotto le vestine di morbido jersey; lascerai perfino quell'atmosfera azzurrina, eterea, fresca, che di solito preannuncia l'imbrunire; e disegnerai le sagome scure dei lampioni, amplificherai il suono del mare, e il rombo dei motorini, e il chiacchierare della gente; scusami, mi sono persa, cos'è che dicevi?





Simona







mercoledì 10 febbraio 2016

Cuore di casa

I pomeriggi assolati, trascorsi lungo le litoranee, fra un intermezzo di parole e un altro, le passeggiate sui corsi, il cane al guinzaglio, i vestitini freschi e svolazzanti. Le strade semplici, senza troppo andirivieni, i curvoni che vanno dalla marina di Andrano fino a Leuca e oltre, che lasciano intravedere immensi spicchi di mare e romantiche scogliere, dall'Adriatico allo Ionio. E poi i rientri, che sembravano spesso vuoti e insensati e che invece ti aprivano, senza che allora me ne rendessi conto, a nuove scoperte e a mille possibilità.
Ci trovavamo sempre il solito vento ad accoglierci, il solito sbattere delle persiane, la solita luce calda che, alle tre, alle quattro, alle cinque del pomeriggio, penetrando appena dalle fessure delle tapparelle abbassate, riempiva la stanza di una piacevole penombra arancione, che sembrava quasi sfumata. Quella casa che ha i suoi odori, le sue abitudini, le sue distanze, le sue storie, le sue speranze. Se ci penso me la immagino proprio così, immersa in una stagione che non è né primavera né estate, con l'arancione del soggiorno, i divani rossi, le strisce di luce sul tavolino basso e sul pavimento, le matrioshke ben disposte sullo scaffale di marmo, le piantine grasse che fanno capolino al di là del davanzale, e la stanza intera che sembra dormire un poco sotto il pigro torpore del pomeriggio. Fuori, intanto, il piccolo gazebo aspetta che l'ombra si allunghi fino a raggiungerlo; si potrebbe fare un aperitivo all'aperto stasera, sì, perché no?, qualche salatino, un bicchiere di succo, delle olive verdi, una bevanda fresca. La giornata permette. Aspettiamo le sette. 
È così che me la immagino: allegra e sorridente nella sua pigrizia semi-estiva. Bella nella sua piccolezza e nella sua semplicità. Dai colori forti e dai contorni decisi. Dagli oggettini preziosi che invece non costano niente. Piena di promesse, piena di speranze. 
Non è perfetta, non lo è mai stata, ma ha sempre portato con sé, a ripensarci adesso, quel non so che di affettuoso, quel sapore dolce della familiarità, quella sensazione sicura che ti dà un porto, o un rifugio. Ha sempre portato con sé quel tocco delicato della comprensione, della compassione, dell'accettazione, dell'accoglienza sempre e comunque. E a ripensarci così, da lontanissimo, me la immagino in un momento che, a dire il vero, deve essere tutto nuovo per lei: l'incompletezza e, al tempo stesso, l'imprevedibilità. L'armadio, in camera da letto, è semi vuoto, con solo qualche vestito di qua e di là per essere indossato in occasioni sporadiche e fugaci. 
Prima o poi si tornerà a respirare quella pigrizia estiva, quel lento approssimarsi della sera tipico di quella casa. C'è già voglia della bella stagione, ma se ci penso la immagino lontano e nei punti più improbabili: intorno al Parco Lavinia, o su via vecchia Carmiano, o nelle stradine che sfociano su via Monteroni. Dopo una corsa insieme, di domenica mattina.





Simona



martedì 9 febbraio 2016

Inno alla Vita


Celebro la Bellezza della Vita in modo semplice e sobrio. Nella maniera più autentica e sincera. Come l’essere avvolto nel dolce tepore del calore umano, vivendo pienamente le Amicizie sincere e vere, l'Amore profondo, la Fraternità più vera e disinteressata. Scelgo sempre in nome della Verità, tendendo ogni nervo per non sperperare il bene più prezioso che mi è stato donato sin dalla nascita, ovverosia il Tempo, in situazioni fallaci ed illusorie.
Inno alla Vita - dipinto di Chiara Montenero
Sono profondamente persuaso del fatto che la Cultura si trovi in ogni dove, dal ragazzo solitario e ribelle che legge un libro qualsiasi su di una panchina, al buon padre di famiglia che prende l'ultima metro disponibile della sera, dopo un'intera giornata trascorsa a lavorare duro per portare il pane alla sua casa. La Poesia, infatti, non sempre si rivela in splendide ed incantevoli parole, come quelle sapientemente vergate dai Poeti dotati di talento, ma molto spesso si racchiude nei fatti, pronta a dischiudersi delicatamente agli occhi degli animi più sensibili. 
Scelgo di avere al mio fianco persone che nella loro Alta Semplicità sono del tutto straordinarie, perché nell'era dell'esibizionismo sfrenato e dell’ostentata felicità, quello che conta davvero è la Verità. 
Confesso di essere stato talvolta raggirato da insidiosissime maschere diaboliche, che hanno tentato di minare sin dalle fondamenta la Bellezza della mia Vita ed il mio miracoloso quotidiano, servendosi all’uopo degli strumenti più disparati per mistificare la Verità, addossandole abusivamente i panni della becera convenienza e del misero conformismo. 
Traggo ispirazione dai Maestri del passato, senza mai trascurare quelli del presente.
Vado a Teatro, al Cinema, a spettacoli di Danza, ad ascoltare Musica classica e contemporanea, a presentazioni di libri, così come sosto incantato al cospetto di talentuosi Artisti che esercitano con rara Dignità per strada.
Di quando in quando parto senza meta, con un semplice moleskine ed una matita, avendo cura di registrare amabili conversazioni con persone straordinarie.
Tengo sempre bene a mente il preziosissimo insegnamento di Hermann Hesse, che costituisce la Stella Polare che mi indica costantemente, anche nella notte più buia, il mio cammino: "Contro le infamie della vita le armi migliori sono: la forza d'animo, la tenacia e la pazienza. La forza d'animo irrobustisce, la tenacia diverte e la pazienza dà pace.".
Vado avanti per la mia strada, con l'unico fine che mi sono sempre prefissato, quello che mi ha insegnato il grande Diderot: "Toccare il cuore della gente". 


Autore: Claudio Casalini



domenica 3 gennaio 2016

È così che arrivi a me


È così che arrivi a me,
rapida e impetuosa, 
come un tram che ti passi accanto inatteso
seguendo un tragitto a te soltanto sconosciuto.

È così che arrivi a me,
evanescente ma decisa,
come l'odore di una casa che sia stata pulita a fondo
in una giornata di primavera.

Sembri un'estate,
di quelle eternamente belle,
vissute all'ombra di pini profumati,
con l'odore del mare che giunge intenso dalle rive soleggiate
e il vento che, ribelle, si perde fra i capelli.

È così che arrivi a me,
immensa e sorprendente.











Simona 




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