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Insegnante di inglese appassionata di scrittura e di fotografia e profondamente innamorata degli animali. Questo blog è un ampio rifugio in cui condivide passioni, letture, riflessioni, novità sui suoi libri e molto altro. INSTAGRAM: @simona_giorgino (profilo autrice), @photosfromthewind (profilo fotografico).

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giovedì 18 luglio 2019

L'amica geniale: un'opera che lascia tracce profonde.



Primo volume: L'amica geniale
Secondo volume: Storia del nuovo cognome
Terzo volume: Storia di chi fugge e di chi resta
Quarto volume: Storia della bambina perduta


Elena Ferrante, edizioni e/o





Cari lettori,



come riuscire a parlare della serie de L'amica geniale? Come riuscire a descrivere le emozioni che ti lascia, il modo in cui questa lettura ti tormenta, ti modella, ti scava dentro? 

Elena Ferrante è lo pseudonimo di una scrittrice misteriosa, che ha deciso di non rivelare la sua identità perché, dice, rivelarsi mette a rischio la sincerità della scrittura. L'ammiro. Quando si è esposti con il proprio nome e con la propria vita, è difficile che venga fuori una scrittura così sincera e schietta come quella della Ferrante. Fa bene ad avvolgersi nel mistero e, sebbene sia ampiamente curiosa anch'io, come tanti lettori e tante lettrici, di conoscere il volto di questa straordinaria scrittrice, al tempo stesso sento di doverla ringraziare per il suo anonimato che le ha permesso, evidentemente, di scrivere senza catene, senza corde, senza schemi, senza congetture, facendo venire fuori l'Opera meravigliosa che ho da poco finito di leggere e che sento mi resterà dentro ancora per moltissimo tempo.

La sua scrittura è tagliente, precisa, ricca di dettagli veri, crudi, realistici. Un'opera ampiamente approfondita e straordinariamente profonda. Una storia ampia, infinita, che racconta la vita di ogni singolo personaggio come stesse raccontando la nostra, la vostra, quella di tutti. Perché, in un modo o nell'altro, quest'opera ci somiglia, ci spia nell'interno, ci appartiene, come se non raccontasse solo la storia di Elena, Lila e i tanti personaggi che ruotano intorno a loro, ma la storia di ciascuno di noi. 

L'infanzia, le amicizie che nascono piano, tra i banchi della scuola elementare, le complicità e allo stesso tempo le divergenze, le differenze di carattere, le personalità che emergono lungo il filo sottile dell'assertività, le paure nascoste, le bellezze celate, i cambiamenti, la fuga dal posto cui si appartiene e la decisione di restare, l'emancipazione, il successo, le carriere, le approvazioni e le disapprovazioni, il confine impreciso delle cose, della persone, della vita stessa, gli amori segreti e quelli folli, gli amori comodi e quelli impossibili.

Come fare a racchiudere in un breve post un'opera letteraria che contiene tutto il mondo e tutta la vita? 

Difficile non ritrovarsi, da qualche parte in questa lunga storia...

Non amo le serie. Sono decisamente per i romanzi autoconclusivi. Quando ho comprato L'amica geniale, infatti, non sapevo che avesse tre seguiti. Credevo fosse un autoconclusivo, ne avevo sentito tanto parlare, gli spettatori hanno amato anche la serie TV trasmessa alla fine dello scorso anno sulla RAI. Quando ho finito il primo volume, con un intimo desiderio reverenziale e commosso sono corsa in libreria per comprare gli altri tre. E ora che ho finito di leggerli tutti, ho l'obiettivo di comprare il DVD della serie TV per rimediare al grave errore di non averla seguita! 

Un'opera come quelle che ci si aspetta di leggere: libri che ti lascino delle tracce dentro, che ti facciano male, che ti scuotano l'anima, che ti travolgano e ti stravolgano...

Per me L'amica geniale è stato tutto questo.





Simona Giorgino



mercoledì 13 dicembre 2017

"Gli angeli non hanno memoria", di Giovanni Pennati: le mie impressioni

Buonasera lettori,

di recente ho letto questo libro, trovato gratuitamente su Amazon. Mi piace il fatto che per trovare un buon libro spesso non occorre spendere chissà quanti soldi, né occorre necessariamente girare fra gli scaffali di un editore importante.
Ho letto in giro di gente che rifiuta a priori di leggere chi si autopubblica, e io non sono nessuno per giudicare e ognuno faccia quel che ritiene opportuno, però dico: non sa che cosa si perde! Molti autori self sono davvero in gamba. Non tutti, ma d'altronde si può trovare a mio avviso della scrittura scadente anche tra chi pubblica con una casa editrice. Poi, va be', perché mi sto perdendo in un discorso che potrebbe non finire più per quante cose ci sono da dire? I lettori sono tutti diversi ed è normale avere opinioni contrastanti. Ciò che piace a me può non piacere a te e viceversa.
Ok, tutto questo per dire che Gli angeli non hanno memoria non ha nulla da invidiare, secondo me, ai grandi libri pubblicati da note case editrici e la scrittura di Giovanni Pennati mi ha colpita sin da subito (altrimenti molto probabilmente non avrei continuato a leggere, perché una storia con una bella idea di fondo ma che è scritta male forse mi spingerebbe a fermarmi prima del tempo; come detto anche in un altro post, per me i libri possono anche non avere dietro una trama spettacolare, ma se sono scritti bene, come dico io, continuo a leggerli con trasporto. Mi piace la scrittura, la parola, mi piace chi la sa usare, dosare, chi ci gioca, non ci posso fare niente. Oh no, ma sto divagando ancora!).
Ok, insomma, Gli angeli non hanno memoria mi ha tenuta incollata alle pagine. L'autore è bravissimo (di solito non vado a cercare tutti gli autori che leggo, ma quando ho finito di leggere questo libro ho pedinato Giovanni per fargli sapere quanto ho amato il suo romanzo). La sua bravura consiste nel fatto che riesce davvero a incuriosire il lettore, non facendolo annoiare. Sin dall'inizio volevo sapere che diamine avesse combinato questo Ascanio nel suo passato, e inoltre il protagonista mi incuriosiva e volevo sempre saperne di più su di lui; l'autore alterna presente e passato attraverso un uso sapiente e affascinante del flashback, con un cambio anche della persona (dalla terza alla prima). Dialoghi ben strutturati e personaggi ben caratterizzati. Un romanzo completo, maturo (sebbene credo che l'autore alle spalle avesse solo un altro libro), e che inoltre - cosa molto importante per me - dimostra una profonda sensibilità d'animo. Di solito mi capita di leggere storie in cui i personaggi principali sono delle donne. Ma quanto amo, di tanto in tanto, leggere libri scritti da uomini e che parlano di uomini! Perché la sensibilità che alberga in un animo maschile sa essere estrema, profonda, immisurabile.
Poi i lettori più romantici saranno contenti di sapere che Gli angeli non hanno memoria racchiude una bellissima storia d'amore. Ma non solo. Narra anche i drammi dei personaggi, e offre spunti di riflessione sulla vita, sulle relazioni umane e, un po' alla lontana, sulla fede.
Non farò spoiler, ma devo dire una cosa. Quando mi stavo avvicinando alla fine, come tutti i lettori inevitabilmente provavo a immaginare quale segreto Ascanio avesse nascosto nel suo passato, e provavo a indovinare come sarebbe finito il racconto. Forse è inevitabile farsi delle aspettative. Ma io - probabilmente sull'onda di un presentimento - mi dicevo, parlando tra me e me come una matta: qualsiasi sia la fine che avrà questo libro, io perdonerò tutto a Giovanni :D, perché a un autore con una penna così sensibile, e che talvolta è persino riuscito a strapparmi qualche lacrimuccia, si perdona ogni cosa. E poi la fine è arrivata e, ok, non era quella che mi aspettavo e lì per lì mi sono detta: eh, però! Ma poi sono tornata in me: però un corno! Giovanni Pennati ha deciso così, il che vuol dire che quella era la fine perfetta per il libro. Punto. Perché ogni finale, come ogni storia, va rispettato per ciò che è, per ciò che l'autore in quel momento voleva comunicare e per ciò che dà. E a me Gli angeli non hanno memoria mi ha dato tanto. Proprio tanto. 

Credo sia in circolazione da un po', probabilmente da un paio d'anni. Se non lo avete ancora letto vi ricordo che è GRATIS! ;)









Simona




mercoledì 15 novembre 2017

Neve di Praga, di Veronica Deanike: le mie impressioni.

Cari lettori,

l'altro ieri ho letto questo libro. Sì, lo so, ne avevo altri due in lettura, come dicevo in questo post, ma decisamente non sono affidabile da questo punto di vista: vedo una copertina, un titolo, una trama che mi attira particolarmente e la frittata è fatta: abbandono senza pietà quello che stavo leggendo (specie se quello che stavo leggendo non mi stava prendendo particolarmente!).
Ebbene sì, Neve di Praga, disponibile gratuitamente su Amazon, si legge in pochissimo tempo (un paio d'ore?). E su questa cosa potrei anche aggiungere un sonoro purtroppo.
Neve di Praga mi stava prendendo un sacco, mi piaceva com'era scritto, mi piaceva lo stile dell'autrice, mi piaceva la narrazione dolce e descrittiva, mi piaceva la storia dei due personaggi e poi, proprio quando speravo che non finisse più, è finito. 
È finito all'improvviso. Anche perché il libro è seguito da un estratto preso dalla prossima pubblicazione dell'autrice e quindi io, tenendo d'occhio la percentuale di lettura ai piedi dello schermo, leggevo tranquilla e trasognata sicura di averne ancora per un bel po', e invece... 
Ok, questa è l'unica cosa "negativa" che ho trovato. Mi sarebbe piaciuto che la storia dei due innamorati fosse stata più approfondita, e che si fosse prolungata la parte finale del libro, la parte della "rinascita" (niente spoiler, quindi non svelerò alcunché). E questo perché, appunto, il libro mi stava piacendo parecchio.

È il racconto di una ragazza italiana che, presa la sua bella laurea, parte per uno stage in un famoso e lussuoso hotel di Praga. Qui farà la conoscenza di un uomo problematico ma allo stesso tempo dolce e affettuoso. Tra i due esploderà una travolgente passione che sarà l'inizio di una bella ma anche complicata storia di speranza e di amore.

Bello, coinvolgente, scritto bene.

Appena l'ho visto comparire su Amazon, sono stata subito attratta dalla copertina (mi fa sognare!) e dal titolo. Praga, poi! Figuriamoci! Una città spettacolare che io e P. abbiamo già puntato come meta per un futuro viaggio! 

Lo consiglio. 
Che bello leggere libri che ti piacciono e che vorresti non finissero più :).






Simona





lunedì 13 novembre 2017

Letture recenti, letture selezionate per il futuro prossimo + mie impressioni su "Le sfumature della luna", "Mai baciare il tuo ex" e "Come fiocchi di neve".

Salve, lettori.
Oggi mi affaccio sul blog con un post libresco.


Ultimamente ho letto diversi libri, grazie in particolar modo al mio nuovo e-reader Kindle che è diventato parte integrante di me. Ho insomma scaricato un buon numero di libri che avevo già adocchiato da un po' o in cui mi sono imbattuta casualmente girando per lo store online. 

Ci sono innanzitutto dei libri dalle copertine bellissime, mozzafiato e dai titoli stratosferici, che già solo per queste caratteristiche, e senza neanche leggere la trama, sono finiti nel mio Kindle!

Da premettere che, purtroppo, ci sono anche dei libri che avevo iniziato e che poi ho dovuto mollare perché non mi stavano particolarmente prendendo. Ma non li ho abbandonati del tutto. Li ho solo "messi da parte". Mi sono ripromessa di riprenderli non appena avrò smaltito le letture che mi attirano di più.

Venendo a noi, attualmente ho in lettura due romanzi. Sì, ho sempre l'odiosa tendenza a leggere più libri contemporaneamente (e anzi, due sono anche pochi! In realtà, sotto sotto, ne ho iniziati più di due :D), fondamentalmente perché ce ne sono sempre troppi da leggere e il tempo non sembra mai bastare. E poi mi piace cambiare di tanto in tanto, alternare letture diverse, a meno che un libro non mi prenda particolarmente e allora mi dedico solo ed esclusivamente a quello. Ma la cosa, devo ammettere, succede sempre con più rarità. Forse man mano si diventa "selettivi" in quello che si legge.
A ogni modo dicevo, ho due libri in lettura: "Come miele e neve", di Siro T. Winter, e "Scontro d'amore", di Antonietta Agostini. Due letture decisamente diverse, su cui, peraltro, non posso dire di più dal momento che non ho finito di leggerli. Posso solo anticipare che sono due libri totalmente opposti: da un lato la dolcezza di "Come miele e neve", la pacatezza della narrazione (che a volte appare un tantino lenta, motivo per cui è in lettura da diversi giorni e devo ancora finirlo), la tenerezza dei personaggi e delle scene narrate, dall'altro lato la durezza e la crudezza di "Scontro d'amore", la personalità tutt'altro che dolce del protagonista maschile, un personaggio duro di cui ci vuole un gran coraggio a scrivere, come ha dimostrato l'autrice.


Di tanto in tanto, tra un libro e l'altro, mi piace girare per la mia libreria Kindle e pregustarmi la lettura dei prossimi romanzi. Ce ne sono diversi che non vedo l'ora di iniziare, e tra questi: "Tutta la pioggia del cielo", "Come il sole a mezzanotte", "La luce al crepuscolo" e "Nessuno sa di noi", oltre poi a taaanti altri libri che avevo già di mio e che devo ancora leggere, e ancora taaanti altri libri che entrano nel mio Kindle un giorno sì e un giorno no (per non dire ogni giorno). Inutile citarli: sono troppi!




Uno dei libri che ho letto ultimamente è "I'm safe with your love", il penultimo di Tiziana Iaccarino (ebbene sì, l'autrice sta per uscire con il suo nuovo romanzo, quindi "I'm safe with your love" non è più l'ultimo). E, sebbene non rientri nel genere che leggo di solito, ci tengo a dire di aver trovato in questo libro una scrittura matura e professionale, piacevole da seguire, caratteristica che contraddistingue questa autrice che stimo molto. Consiglio il libro a tutti gli amanti del genere erotico e sappiate che 1) è un erotico, sì, ma anche un erotico con sfumature psicologiche e 2) è molto forte, pertanto se decidete di leggerlo dovete sapere che, come avverte la stessa autrice, non è un libro "adatto a tutti" e dovete essere pronti a ogni cosa, anche a lasciarvi sconvolgere! Io non è che mi sia "sconvolta", è solo un genere che non prediligo. Ma l'autrice vale, quindi se amate questo genere non lasciatevi sfuggire "I'm safe with your love"!





Ma veniamo a tre libri in particolare che ho letto di recente! "Le sfumature della luna", "Mai baciare il tuo ex" e "Come fiocchi di neve". Vorrei scrivere brevemente le impressioni che ho avuto su ciascuno di loro.



"Le sfumature della luna" è uno di quei libri di cui si può dire "breve ma intenso". Anche fin troppo breve, a dirla tutta, dal momento che finisce un po', come dire, "all'improvviso", sebbene questa temo non sia altro che l'intenzione dell'autore, quella cioè di creare un finale effetto "sorpresa". Il libro si legge tutto d'un fiato, non solo perché è breve ma anche perché è scritto discretamente bene
È la storia di due amici che vivono a Dhaka, la capitale del Bangladesh, cresciuti insieme nella povertà della loro regione. Lui è un ragazzo già molto maturo per la sua età, che fa di tutto per proteggere la sua migliore amica dalla povertà e dal male che li circonda. Il destino però è ineluttabile, e succederà proprio quello che si teme di più. Lei viene venduta a un gruppo di criminali che gestisce una casa di prostituzione. Sarà l'occasione per il protagonista di dimostrare finalmente a se stesso di riuscire a proteggere e a salvare la sua amica una volta per tutte?

Ma a dire il vero è soprattutto degli altri due che vorrei parlarvi. 

"Mai baciare il tuo ex" mi ha stupita. Piacevolmente stupita. Mi ha stupita perché quando l'ho preso credevo di trovarci la solita storia d'amore, la solita storia piacevole con cui trascorrere qualche ora di relax, e invece vi ho trovato una storia esilarante che sfocia nel giallo e nello spionaggio
È infatti la storia di una ragazza che viene ingaggiata dalla sorella, titolare di un'agenzia investigativa, per risolvere un caso "molto semplice" allo scopo di farle racimolare qualche soldo, data la sua precaria situazione lavorativa. Ma quella storia che doveva essere "molto semplice" da risolvere si rivela presto estremamente complicata. A partire dal fatto che la foto di quel personaggio dai capelli biondi ossigenati oggetto della ricerca sembra proprio essere... il suo ex ragazzo! Da qui parte tutta una storia incredibile, per me originale perché non mi era mai capitato di leggere un racconto simile, che ha proprio tutto quello che, a mio avviso, rende una storia avvincente: il suspense, la sorpresa, scene esilaranti che fanno ridere, la capacità di incuriosire il lettore che deve per forza arrivare alla fine per capire dove si va a parare. Davvero, lo promuovo con molto piacere.
Devo però purtroppo anche avvisarvi di una cosa. Il libro è tradotto dal tedesco da una traduttrice che, per sfortuna, non credo abbia riletto il lavoro. Lo stile con cui ha tradotto la storia è azzeccatissimo alla verve ironica del genere di appartenenza e le frasi sono costruite bene. Ma... ci sono diversi (parecchi) errori di qua e di là, virgole messe nei punti più strampalati, frasi spesso illeggibili, errori di diversa natura. Però la storia mi ha appassionata a tal punto che questi errori di traduzione sono passati in secondo piano e non mi hanno desistito affatto, in nessun momento, dal continuare a leggere.
Faccio i miei complimenti all'autrice!

Infine due parole anche su "Come fiocchi di neve", la semplice storia di cinque amiche per la pelle che hanno passato tante cose insieme e che poi, per via di un episodio spiacevole, non si frequentano più e finiscono per rivedersi in occasione del funerale di una di loro. Una storia semplice, appunto, con niente di originale a mio avviso, ma che, nonostante questa assenza di originalità e nonostante il libro non racconti poi chissà quale sconvolgente trama, mi ha rapita. Ecco il potere di questo libro e di molti altri di questo tipo: che riescono a rapirti anche quando non raccontano chissà quali sconvolgenti storie. E dirò di più: sono quelli che preferisco. Adoro con tutta me stessa la scrittura, e mi piace quindi anche leggerla. Amo i libri in cui le parole sono gestite con maestria, amo le scritture particolari, amo chi gioca con le parole, chi fa accostamenti esperti e originali, chi fa della parola la protagonista assoluta della storia, ancor prima della storia stessa, appunto. I libri che mi sono piaciuti di più, infatti, non sono affatto libri con trame sconvolgenti, ma libri con storie semplici che però sono scritti divinamente. Punto. Come il caso del mio Libro Preferito, che continuo a leggere anche se ormai lo conosco a memoria, ovvero Le nostre distanze di Angela Bianchini, di cui vi ho parlato in questo post, che amo a tal punto che mai più sono riuscita a trovare in giro un libro così e ne vado assolutamente alla disperata ricerca. Ogni volta che incomincio un libro, spero sempre che almeno si avvicini a quello che mi fa provare Le nostre distanze, ma ancora non sono riuscita a trovarne uno all'altezza.
Ma torniamo a "Come fiocchi di neve". Un libro, insomma, che si lascia leggere anche già soltanto per come è scritto, grandiosa capacità che stimo molto in un autore. Devo solo segnalare che nel libro si fa uso della E' anziché della È, :D, eh lo so, che dettaglio irrilevante, mi direte! Ma purtroppo ho una vera fobia per la è maiuscola scritta in quel modo. Inoltre il libro è talmente bello e scritto eccellentemente che quelle E' ogni volta erano un pugno in un occhio. 
Un bel libro! E sicuramente leggerò altro di questa autrice. Senza esitazione! 






Simona



giovedì 8 ottobre 2015

"Never let me go", di Kazuo Ishiguro: le mie impressioni.

Poi c'è questo libro del 2005, "Never let me go" (versione italiana: "Non lasciarmi"), di Kazuo Ishiguro, scrittore giapponese impiantato in Inghilterra, che una volta finito di leggere in effetti non ti lascia più. Continuano a tornarti nella testa le immagini, le sensazioni, tutti i ricordi che la narratrice-protagonista, Kathy, riporta a distanza di molti anni, e la descrizione dettagliata delle scene, dei momenti, la sensazione tangibile di essere insieme a quei ragazzini che crescono nel mondo fantastico dell'istituto educativo Hailsham e che si trasferiscono, poi, ai Cottage. Una storia d'amicizia e d'amore all'insegna dei ricordi, che diventano ancora più importanti e fondamentali se i protagonisti sono dei cloni, creati in laboratorio allo scopo di donare gli organi e come supporto al progresso scientifico nel campo delle malattie incurabili.

È una storia in cui a farla da padrone è un destino ineluttabile. Ma è umano: anche quando tutto sembra inevitabilmente predestinato, l'uomo serba inconsciamente delle speranze, o magari si crea delle fantasie che gli rendano anche più spianata la strada.

La bellezza di questo libro, a mio avviso, risiede nei flashback così sapientemente dosati e curati, nei quali il lettore si immerge totalmente e diventa protagonista in prima persona. Le memorie diventano come mattoni posti su altri mattoni, tasselli legati ad altri tasselli, fino a creare un quadro esaustivo di che cosa sono state l'infanzia e l'adolescenza di Kathy, Ruth, Tommy e, insieme a loro, di tutti gli altri ragazzi accomunati dallo stesso crudele destino.
La dolcezza dei ricordi è disarmante: il lettore ne resta avvinghiato e affascinato, non c'è scampo alla forza di quelle parole che ti trascinano fino alla fine del romanzo con una potenza contro la quale non c'è resistenza che vinca.
Questa lettura è una lotta continua che non conosce sosta: si viene a conoscenza della vera natura - e quindi del destino - di questi giovani protagonisti quasi sin da subito, e quindi sin da subito si rimane implicati in un meccanismo di commozione, di rabbia e di impotenza, sebbene dall'altro lato ci siano anche queste dicerie, queste voci che circolano sin dai tempi di Hailsham e che si tramutano inevitabilmente in speranza, una speranza però vana, destinata al fallimento, creata dalla fragile fantasia di piccoli esseri che, a causa di un voluto "detto non detto", non possono comprendere appieno il significato delle loro esistenze, l'ineluttabilità del loro destino.

La potenza degli ultimi capitoli, poi, è devastante: tutti quei discorsi fatti negli anni, quegli scambi di opinione, quella spasmodica ma silenziosa ricerca di una via d'uscita, quel vitale desiderio di riuscire a ottenere anche solo un po' di tempo in più per amare, quella forte voglia di scoprire il "segreto" nascosto dietro all'Arte, tanto importante nel mondo di Hailsham, tutte quelle sensazioni che da sempre, in piccole ma importanti porzioni, hanno tenuto in vita la speranza di una salvezza, o, al massimo, di un "rinvio" delle donazioni, si rivelano fragili come castelli costruiti sulla sabbia. A confermarlo sarà un importante incontro con chi aveva realmente lottato per dimostrare alla scienza che anche loro, anche i cloni, hanno un'anima, attraverso un importantissimo progetto il cui fallimento porta alla chiusura definitiva di Hailsham. Non c'è via d'uscita a quello che la scienza ha voluto per loro, non esiste modo per fuggire dalla loro inevitabile, terribile sorte.

Eppure i nostri piccoli protagonisti, nonostante tutto, a Hailsham hanno potuto vivere, se non altro, un'infanzia felice e spensierata, che ha dato loro l'illusione di essere come tutti gli altri e di poter perfino sperare.

Un libro di una drammaticità disarmante. Ci sono stati diversi momenti, nel corso della lettura, in cui un groppone in gola non mi permetteva di continuare. Ishiguro ha creato un mondo fantastico in cui mi sono immersa in totale abbandono e concentrazione.

Solitamente non mi attraggono le letture distopiche o fantastiche, ma con Never let me go le cose sono andate diversamente. Lo comprai nel 2008 senza sapere che fosse un romanzo "fantastico" (non potevo capirlo da niente, la descrizione in quarta di copertina, chiaramente, non svela nulla) e solo per la voglia di leggere qualcosa in inglese, e già quella prima lettura mi regalò delle emozioni importanti. Oggi, a distanza di sette anni, lo rileggo ritrovandoci le stesse emozioni ma addirittura amplificate se vogliamo, forse anche grazie alla mia maggiore competenza nella lingua inglese rispetto a tanti anni fa, che mi ha permesso di assaporare meglio tutte le scene, gli episodi, i racconti, i non detti.

Essendo a conoscenza del fatto che il romanzo è stato anche trasposto sul grande schermo (2010, regia di Mark Romanek), ieri mi sono concessa la visione del film, ma le aspettative sono state deluse. Non c'è modo che il film possa essermi piaciuto più del libro. Anzi, mi sono anche un po' annoiata e, più che per altro, l'ho visto tutto per il piacere di notare le differenze o le analogie con il romanzo.
Be', si sa, trasporre un libro sullo schermo non dev'essere per niente un'impresa facile. Un sacco di scene devono essere tagliate o anche modificate dall'originale allo scopo di rimanere entro i limiti di una normale durata filmica. Sebbene il film si sia mantenuto abbastanza fedele alla maggior parte delle scene descritte nel libro, secondo me non se ne può dire all'altezza. Molte scene importanti, che nel mio immaginario di lettrice sono state addirittura indispensabili nel libro (come l'associazione della città di Norfolk con il posto dove vanno a finire le cose perdute nel tempo, diversi passaggi della storia dell'amicizia fra Ruth, Kathy e Tommy, anche lo stesso modo in cui Kathy viene a impadronirsi della musicassetta contenente il pezzo da cui prende titolo il libro, e tanti altri momenti) nel film erano inesistenti o portate verso tutt'altra direzione per necessità di tipo tecnico.
Inoltre il film in sé mi è sembrato privo di slancio, spento, troppo cupo e triste (la drammaticità della storia nel film è esasperata anche nella fotografia, nei colori, nei paesaggi, nei movimenti lenti). Il libro mi ha trasmesso una forza decisamente diversa, più vera e più reale.
Sinceramente, quando un libro mi piace così tanto non credo ci sia modo di trovare lo stesso piacere nella visione del film. I film tratti dai romanzi diventano spesso riduttivi e approssimativi. I libri, invece, contengono in sé un mondo intero che si nutre, inoltre, dell'insaziabile immaginazione dei lettori. 

Never let me go è qualcosa di speciale. Un grande capolavoro della letteratura inglese che merita tutto il tempo che prende.









Simona





giovedì 31 luglio 2014

"A proposito di noi", di Roberto Baldini + "Vuoi sposarmi? No grazie", di Fabiana Andreozzi & Vanessa Vescera

Cari lettori,

oggi vorrei parlarvi di due letture portate a termine da pochi giorni, entrambe gradevoli. 
Si tratta di tre autori emergenti, Roberto Baldini con "A proposito di noi" e le due co-autrici nonché grandi amiche Vanessa Vescera e Fabiana Andreozzi con "Vuoi sposarmi? No grazie".
Sono due libri molto diversi, autori con stili diversi ma che sanno condurti fino alla fine trascinandoti con entusiasmo e curiosità.


Di A proposito di noi posso subito dire di aver notato come prima cosa una fitta presenza di dialoghi. Penso sia una delle sue caratteristiche maggiori e che dà immediatamente all'occhio. Si tratta di una prosa molto particolare, portata avanti spesso e volentieri a ritmo di dialoghi, appunto; lo stile dell'autore si basa su una grande immediatezza descrittiva e narrativa, probabilmente poco adatta a chi ama invece perdersi nelle immense descrizioni di luoghi e persone. Il libro di Roberto dà molto spazio all'immaginazione, e i dialoghi attraverso cui si snoda la vicenda permettono senza dubbio di entrare nella psicologia dei personaggi in maniera autentica, e di conoscerli direttamente attraverso le loro parole, le botte e risposte, le pause, le riflessioni, la quotidianità del parlato. Fra un dialogo e un altro, pochi paragrafi ma ben scritti, ben delineati, con una buona scelta delle parole.
Per quanto riguarda la storia, devo dire che non mi è affatto dispiaciuto leggere gli episodi di questi personaggi che crescono, maturano, a partire dal Liceo fino all'Università, per poi protrarsi nel post Università, nel mondo degli adulti. Il lettore cresce insieme a loro, si affeziona alle loro storie d'amore, tifa per il loro successo.
L'autore vuole lanciare un messaggio positivo per tutti gli innamorati, vuole essere uno stimolo a portare avanti le storie anche quando sembrano non funzionare bene: l'amore incontrerà sempre ostacoli, momenti di ristagno, periodi di crisi, ma esistono veramente dei modi per venirsi incontro, per volersi bene, per ignorare quello che va male. Ci si può e ci si deve accorgere di quanto siano inconsistenti certe difficoltà dinnanzi all'amore! È come se l'autore volesse cercare una soluzione per tutti noi: mi sembra un bellissimo gesto d'affetto! 


Poi ci sono le mie co-autrici preferite: Fabiana Andreozzi e Vanessa Vescera. Posso dire con fierezza che questo è il terzo romanzo che leggo di queste autrici (Amore nel sangue, scritto da entrambe, e Convivenza leggera, matrimonio d'affari, scritto solo da Vanessa Vescera, sono gli altri due di cui vi ho parlato) e non mi hanno mai deluso: evidentemente sono proprio nelle mie corde!
Amore nel sangue apparteneva a un genere un po' diverso, un sentimentale sempre, ma tendente al dramma anziché all'ironia e alla comicità che caratterizzano invece gli altri due!
Vuoi sposarmi? No grazie è un romanzo esilarante! Non so, sarà l'entusiasmo da fine-lettura che mi farà parlare così, ma debbo subito ammettere che pochi libri mi hanno fatto venire le lacrime agli occhi, in certi passi, come Convivenza leggera e Vuoi sposarmi. Queste ragazze hanno il potere di regalarmi sorrisi e risate di gusto.
Non è possibile, innanzitutto, categorizzare questo romanzo. C'è l'amore, quindi di base è sicuramente un sentimentale, ma c'è anche della grande fantasia, della comicità e i tratti tipici di un chick-lit. Insomma, non so e non voglio sapere a che genere appartiene, mi basta sapere che mi sono divertita a leggerlo!
Parla dell'incontro-scontro di due personaggi direi alquanto singolari, poiché si tratta di un "sireno" (ebbene sì, il libro si apre con la figura di un uomo-pesce, quando invece ti aspetteresti una bellissima sirena stile Ariel...) e di un'umana. Entrambi fuggono da qualcosa: lui, il Don Giovanni della storia, da un matrimonio certo, lei da una famiglia asfissiante che non è la sua vera famiglia. I due, tuttavia, a causa di un incantesimo, si scambieranno presto i ruoli e finiranno l'una in fondo al mare e l'altro sulla terraferma. Fra equivoci, personaggi davvero bizzarri, scene esilaranti, l'intrusione di parole ed espressioni "marinaresche" coniate giusto per l'occasione, si snoderà una fantastica storia d'amore.
Il romanzo è chiaramente ispirato alla storia della Sirenetta, alla quale le due autrici sono molto affezionate, ma ne è una rivisitazione in chiave moderna e comica che è un piacere leggere!
Ho apprezzato questa lettura dall'inizio alla fine, e ancora una volta non posso che complimentarmi con queste fantastiche autrici!





Simona




martedì 22 luglio 2014

"Destino di un amore", di Linda Bertasi + "Amori a metà", di Antonietta Agostini: le mie impressioni.

Cari lettori,

in questi ultimi giorni mi sono dedicata alla lettura di due romanzi: Destino di un amore e Amori a metà.
Li ho letti praticamente in contemporanea, iniziati lo stesso giorno e finiti a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro.

Devo dire subito una cosa: sono rimasta colpita dal piacevole stile di Linda Bertasi, della quale non avevo ancora letto niente. L'autrice ha una prosa molto scorrevole, dalle frasi intense, dalle immagini evocative. E, per questo, nonostante la trama mi sia sembrata a tratti "forzata" (il destino ha davvero un ruolo prioritario in questo romanzo, fa accadere degli incontri strepitosi), il libro si lascia leggere d'un fiato. 
Ho sempre sostenuto che quando lo stile di scrittura vale veramente, si finisce sempre per chiudere un occhio sull'originalità o la credibilità della trama. 
Ecco, diciamo che non mi sono lasciata totalmente "convincere" dalla storia di questi amori che si consumano fra Milano e Parigi, che esplodono, tumultuosi, fanno dei giri immensi, e poi inaspettatamente ritornano. Nonostante questo, però, la lettura è stata gradevole e non senza entusiasmo. 
Per accennare brevemente alla trama, diciamo che questa storia unisce, a distanza di molti anni, una madre e una figlia, un padre e un figlio, in un chiasmo narrativo che, devo dire, non è comunque privo di sorprese.
Linda ha una penna molto piacevole, delicata, femminile, sceglie accuratamente le parole, evoca immagini, luoghi. È evidente che l'autrice possiede un'ottima padronanza degli strumenti narrativi. Inoltre, il romanzo è molto ricco di episodi: non si limita a raccontare la storia di questi grandi amori, ma ci aggiunge questioni familiari, personaggi secondari, momenti di suspense.
Consiglio la lettura di questo libro a chi ha bisogno di una vera e propria botta di romanticismo! Ci sono delle scene estremamente romantiche: uomini che si innamorano perdutamente di queste donne forti e sfuggenti, amori che esplodono improvvisamente, promesse di un futuro insieme, baci, abbracci, parole e sguardi tipici dei primi, indimenticabili, momenti dell'innamoramento; il tutto, ovviamente, sullo sfondo di una poetica Parigi! 


C'è poi Amori a metà, di Antonietta Agostini. L'autrice racconta una storia autentica, mi è sembrato di scorgere molta verità fra le righe. Lo stile è estremamente semplice, il linguaggio non è ricercato, anzi mi sembra che rispecchi un modo di parlare abbastanza vicino alla quotidianità. 
È la storia di una donna, Chiara, e di tre uomini che ruotano intorno a lei: un marito che non ama e da cui divorzia, un nuovo fidanzato di cui si crede innamorata senza tuttavia esserlo pienamente, e infine un amante, Francesco, da cui ha avuto una figlia, l'unico che le abbia veramente rapito il cuore (e l'unico che fugge e la tratta male!).
Il fatto è che non sono stata per niente in sintonia con questa protagonista, in certi momenti l'ho disprezzata, non sono stata d'accordo con alcune delle sue scelte!
È comunque una storia di grande attualità, perché a farla da padrone, al di là di tutto l'intreccio, c'è la ricerca spasmodica dell'amore, quello vero, ma soprattutto la ricerca della felicità. Inoltre, c'è il dolore di una donna la cui inquietudine è palpabile, in ogni cosa che pensa, fa o dice. Non trova il suo posto nella vita, i suoi sentimenti sono precari, i suoi amori sono tutti... "a metà", tranne uno: quello immenso che Chiara nutre per la sua piccola Nicole.








Simona




domenica 22 giugno 2014

La maestosità della prosa, la "penna tagliente" dello scrittore: omaggio a Salman Rushdie.


Salman Rushdie
Sono molto colpita dallo stile complesso, profondo, intelligentemente ironico dello scrittore ango-indiano Salman Rushdie. Le sue letture, c'è da dirlo subito, non sono letture "rilassanti" o da ombrellone. L'intensità del dramma che propone, la tortuosa sequenza cronologica, che non segue mai l'ordine naturale degli eventi ma si serve di flashback e di straordinari balzi temporali e spaziali, la presenza di un gran numero di personaggi, tutti quanti sapientemente descritti nella psicologia e nella storia, e, spesso e volentieri, la presenza di quello che è stato definito "realismo magico", che mescola realtà e magia in modo inestricabile, rendono i suoi scritti magnificamente tortuosi, fantastici, dei deliziosi cocktail da gustare però senza superficialità, con la massima partecipazione. La sua scrittura, infatti, non ammette lettori pigri né distrazioni. Se leggi Rushdie, devi assicurarti di essere presente con tutto te stesso e di degnarlo di tutta la partecipazione che merita.

In libreria mi avevano detto: "Il suo migliore romanzo? L'ultimo sospiro del Moro".
Fra quelli che ho letto sinora, tuttavia, L'ultimo sospiro del Moro è quello che mi è piaciuto di meno. Ho trovato la storia poco convincente, e poi sarà quell'ingarbugliarsi in mezzo a storie di mafie, furti e traffici di droga che di solito non mi colpiscono particolarmente. I protagonisti di Rushdie hanno tutti quanti una particolarità che li rende speciali. Peccato che in questo romanzo io non abbia sentito forte la presenza dell'handicap del Moro - la sua particolarità - ovvero la strana "malattia" che lo fa crescere con il doppio della velocità rispetto a una persona normale, facendogli avere un corpo da sessantenne a trent'anni. Il dramma, in L'ultimo sospiro del Moro, è comunque attuale e degno di nota, è fondamentalmente il dramma della famiglia. Il dolore, l'odio, l'invidia, le eredità, le cose non dette, che distruggono le trame sottili attraverso cui fratelli sorelle mamme padri sono indissolubilmente legati. 

Non mi è piaciuto, ma finora posso dirlo solo di questo romanzo di Rushdie, mentre per gli altri che ho letto mi riservo un parere decisamente positivo: I figli della Mezzanotte, I versi satanici, L'incantatrice di Firenze.

Ci sono dei concetti, delle immagini, degli elementi che si ripetono nei romanzi di questo scrittore. Sembra che Rushdie non possa farne a meno, come se non fosse capace di concepire la vita senza di loro:

- L'Arte. Che sia sottoforma di disegno, di pittura, di musica, di magia, è un concetto dal quale non si può trascendere, l'Arte pura che, in un modo magico, incantevole, si interseca indissolubilmente alla Vita, tanto da non riuscire spesso a distinguere l'una dall'altra.

- La donna. La donna ha una presenza massiccia nei suoi romanzi, la donna "dalla lingua tagliente", la donna alla quale si obbedisce tutto, la grande pittrice Aurora de L'ultimo sospiro del Moro che ti distrugge, se vuole, ma in un modo talmente gentile che ti fa amare l'inferno in cui ti conduce come fosse un paradiso; la donna come ammaliatrice di uomini, donne e perfino animali, l'incantatrice di Firenze che, dall'abisso dei suoi intensi occhi neri, può ogni cosa, nella sicurezza della sua bellezza e del suo potere; madri e amanti e sorelle dietro cui la stessa presenza degli uomini va a eclissarsi.

"C'è una debolezza che prende gli uomini alla fine di una battaglia: quando si rendono conto della fragilità della vita, se la stringono al petto come una zuppiera di cristallo che hanno quasi lasciato cadere, e davanti al tesoro della vita si perdono improvvisamente di coraggio. In quel momento tutti gli uomini sono codardi, non riescono a pensare ad altro che all'abbraccio di una donna, ad altro che alle parole consolatorie che solo una donna sa mormorare, ad altro che alla gioia di smarrirsi nei labirinti fatali dell'amore. [...]" (Cit. L'incantatrice di Firenze)

- L'India. Avrei potuto citarla prima - fra le Donne di Rushdie - perché l'India non è solo una nazione, ma è una Madre, la Madre India, presente nei suoi romanzi in maniera asfissiante, persistente, la protagonista assoluta che si interseca alla vita dei personaggi. Sapori, odori, magie, incantesimi. L'abilità di descrizione di questo scrittore ha dell'eccellente davvero! 

Un altro elemento che ho riscontrato in tutti i romanzi letti finora è la malattia mentale. Molti dei suoi personaggi, che siano protagonisti o personaggi secondari, hanno depressioni, psicosi, visioni, tortuosi percorsi mentali che li rendono vulnerabili e spesso bizzarri.
Ancora, ho notato una certa tendenza alla narrazione di lunghe genealogie, di infinite generazioni di famiglie. Il dramma della famiglia è certamente uno dei punti cruciali da cui l'autore parte a scrivere.
Da non trascurare, inoltre, le numerose citazioni che pullulano i suoi racconti, la presenza di personaggi realmente esistiti, il mescolarsi di finzione e realtà. Per esempio, ne L'incantatrice di Firenze compaiono personaggi come Niccolò Machiavelli e Amerigo Vespucci, mentre ne I figli della Mezzanotte - il racconto dell'India per eccellenza - la presenza di personaggi politici, prima fra tutti Indira Ghandi contro cui Rushdie si scaglia apertamente, è di fondamentale importanza.


Questo scrittore non propone mai temi superficiali. Con Rushdie troviamo il modo di riflettere su temi importanti, moderni e antichi insieme. 
L'eterna lotta fra Bene e Male è impersonificata dai due protagonisti de I versi satanici, che diventano, contro la loro volontà, il simbolo delle due Entità, l'uno con le sue visioni schizofreniche, il suo "reincarnarsi", attraverso i sogni, nell'arcangelo Gibreel; l'altro con la sua devozione tutta inglese, con la voglia di vendetta, con l'abbandono della famiglia e della patria e poi, alla fine, il ritorno, la redenzione, il ritrovamento di un padre in fin di vita. Un libro che lascia inevitabili domande. D'altronde è possibile che una risposta univoca in realtà non ci sia. Rushdie cita la "malvagità immotivata" di Iago (Otello, Shakespeare). Che sia questa la risposta?
Non è da dimenticare, poi, l'approccio religioso di questo testo, quella specie di "rilettura" o, come è stata definita da alcuni, "parodia" del Corano, che è pesata su di lui con la pronuncia di una condanna a morte da parte dell'Imam Khomeini, per la quale lo scrittore è costretto a vivere da "clandestino".


Ne I figli della mezzanotte il protagonista e narratore Saleem ti rimane semplicemente dentro. Questo sì che è un personaggio davvero riuscito, con la sua particolarità, la sua telepatia con cui potrebbe fare grandi cose, e poi, invece, dietro al potere che lo rende speciale si nasconde un ragazzino impaurito, fifone, che cerca il suo posto nella vita, e la maniera di soddisfare le grandi aspettative che il mondo ha costruito su di lui. Saleem (e con lui tanti altri bambini speciali) diventa inevitabilmente il simbolo dei "prescelti", di chi ha una sensibilità tale da poter contribuire a cambiare il mondo, l'umanità, lo stato delle cose, sensibilità spesso ostacolata dalla società, dal potere politico, dalla moltitudine.

"[...] È privilegio e maledizione dei bambini della mezzanotte essere insieme signori e vittime dei propri tempi, rinunciare alla privacy e lasciarsi risucchiare nel vortice annientante delle moltitudini e non poter mai vivere o morire in pace." (Cit. I figli della Mezzanotte)

Mi rendo conto che parlare dei romanzi di Rushdie non è per niente un'impresa semplice, complessi e ricchi come sono. Anche lo stesso Saleem de I figli della Mezzanotte dice "Per conoscermi, dovrete inghiottire un mondo". Ci sono infatti milioni di cose da dire, ma "lascio ai posteri l'ardua sentenza", perché tanta ricchezza può e deve entrare dentro solo attraverso la lettura diretta, che consiglio a cuore aperto.
Questa non è semplice scrittura di evasione. Quando scrive, Rushdie ha davvero qualcosa da dire, e la dice senza indugi, senza sotterfugi: attraverso quella che potrei definire una "penna tagliente", come lui definisce tagliente la lingua delle donne!
Rushdie ha davvero tanto da insegnare: non fatevelo sfuggire!


Per finire, vorrei fare i complimenti ai traduttori che hanno curato questi testi: Ettore Capriolo e Vincenzo Mantovani. Di solito il traduttore passa in secondo piano, anzi non viene considerato affatto. Be', sarà per la mia formazione linguistica, ma io do molto peso alla mano del traduttore, e leggere libri così ben tradotti, prose così naturali e scorrevoli che ti fanno dimenticare di essere di fronte a un testo non originale, fa davvero la differenza.
E poi... diciamolo apertamente: tradurre Rushdie non dev'essere stato per niente una passeggiata :P !








Simona





domenica 6 aprile 2014

"S.O.S. fidanzato nei guai", di Roxana Anton: le mie impressioni.


Oggi vorrei parlare di questo romanzo divertentissimo disponibile in versione e-Book!
Dalla copertina e dal titolo si evince facilmente il genere di appartenenza. È dunque un libro adatto alle amanti del genere chick-lit e delle commedie romantiche, un po' alla "Kinsella", per intenderci!

Voglio dire sin da subito una cosa, così, direttamente, senza troppi giri di parole, una cosa che ho anche comunicato immediatamente all'autrice: Roxana Anton non ha niente da invidiare alle scrittrici più famose di questo genere letterario! 
La sua è una scrittura piacevole, ricca, lineare, limpida, senza sbavature. Le parole accostate con maestria e padronanza rendono la scrittura estremamente musicale e scorrevole. Mi piace molto come scrive Roxana, leggerei volentieri qualche altro suo scritto. 
In "S.O.S. fidanzato nei guai", la protagonista è Roxi, un'insegnante di inglese che sospetta il tradimento del suo bel fidanzato inglese, John. Questo sospetto muoverà tutte le vicende del romanzo, a partire da una divertente vendetta che Roxi, con l'aiuto di un gruppetto dinamico, decide di tramare alle spalle del suo traditore. Ma non sono qui per svelarvi una trama che va assaporata e scoperta piano piano, finale a sorpresa incluso! Mi preme soltanto di consigliarvi questa lettura esilarante, piena di sorprese, di scene divertenti, di spunti di riflessione, di personaggi interessanti e ambigui. 
Sono sicurissima che le lettrici del genere letterario sarebbero piacevolmente colpite dalla bravura di Roxana Anton!
Tra l'altro - ma questa è una mia personalissima impressione - Roxana, per quel poco che la conosco, mi comunica una grande dolcezza, umiltà, modestia. Una scrittrice e una ragazza da approfondire. 
Spero di leggere presto qualche altro suo romanzo!











Simona





martedì 1 aprile 2014

"Passo Domani", di Maurizio Monte: le mie impressioni.

Leggendo questo libro ho avuto l'impressione di guardare un film in bianco e nero, anche se la storia è ambientata negli anni del colore. O forse color seppia, comunque pur sempre un effetto anticato delle riprese. 
"Passo Domani è un'istantanea nitida della provincia meridionale", dice la sinossi. È vero, ci ho trovato una vera istantanea nitida, autentica, per niente artificiosa. 
Le scene sono descritte in maniera talmente minuziosa che potresti dimenticarti, a un certo punto, di avere un libro fra le mani. Le scene sono quasi visive. E non solo le scene, ma anche i sentimenti, gli edifici, i posti, i personaggi. Ho notato sin dalle prime righe quella che io chiamerei una "necessità" di descrivere dettagliatamente tutto quello che si vede, che si incontra, ma anche quello che in realtà non si incontra: l'autore prova a descrivere, usando il condizionale, perfino personaggi che non si conoscono, di cui si parla solamente.  
Sulla trama potrei osare dire che non c'è una trama in particolare. Non è una delle solite storie costruite su una trama, appunto, o almeno così non mi è sembrato. Succedono tante cose, è vero, Lorenzo, il protagonista, incontra tante persone, ma ho avuto l'impressione che l'autore non volesse raccontare una storia in particolare, ma tante storie, che possono essere esattamente quelle di tutti noi. A ogni personaggio è dedicata un'ampia parte del romanzo, nessuno di loro compare e basta. I loro caratteri vengono approfonditi, così come le loro abitudini, preferenze e motivazioni. Sebbene alcuni personaggi, come Ludovico, un anziano signore che indosserà le vesti di un vero Maestro, sembrino ricoprire un ruolo principale nella storia, a me non sembrano più importanti di altri. È questa una piccola magia che ho trovato in Passo Domani: la capacità di parlare di tutti e di renderli tutti ugualmente importanti, tutti ugualmente parte di una realtà che l'autore va descrivendo, denunciando, amando. Tutti i personaggi sono pezzi perfettamente incastonati nel mosaico salentino. 
Anche per questo motivo non ritengo del tutto scontato dire che il mio personaggio preferito è il protagonista, Lorenzo. Un ragazzo decisamente controcorrente, che non ha una macchina e per spostarsi preferisce mettersi in sella alla sua bicicletta, un ragazzo disilluso ma ancora speranzoso, che torna nel suo Salento dopo aver lavorato nel nord Italia, un Salento di cui, nonostante tutto, è innamorato. "Franchino capì che l'unica droga di Lorenzo fosse il Salento. Coi suoi sapori, il profumo dei mari, la terrà bordò e quel dialetto scioglilingua. Una pianta che nessuno poteva bruciare, una droga che nessuno poteva sequestrare" (p. 153). Un ragazzo di cui posso percepire una profonda voglia di capire le dinamiche del mondo. Un ragazzo, poi, che sembra disilluso anche nei confronti del genere femminile. La donna sembra ferirlo, e lui sembra aspettarsi da lei un trattamento speciale, che non sia stato riservato anche ad altri. Ecco perché poi, quasi inconsapevolmente, si finisce nelle braccia di una donna che sa un po' di mamma, che sembra non vivere senza assistere gli altri, una donna la cui pelle profuma "come la bustina del lievito Paneangeli" (p. 194), una donna che non rispecchia gli ideali o che non si nota subito, ma che sembra poter amare davvero e profondamente, senza compromessi.
Ho apprezzato moltissimo la lettura di Passo Domani. La sensazione che se ne ricava è quella di una verità disarmante annunciata senza timori. La penna di Maurizio Monte è una penna ricercata, consapevole, schietta, sincera, ma anche molto poetica, a volte perfino romantica. Certe volte mi sono scoperta come incantata, di fronte a questa scrittura che ha, qua e là, una potenza quasi ipnotica.

















Simona



martedì 18 marzo 2014

Un'altra recensione a "Quel ridicolo pensiero" e un pensiero sull'estro creativo.


Oggi mi sono imbattuta in una nuova recensione per "Quel ridicolo pensiero", e ne sono rimasta molto contenta! La lettrice che lo ha commentato, amministratrice del blog "Leggere è... sognare", è stata particolarmente in grado di cogliere il senso del mio romanzo, specialmente in questo passo: 




È stato bello leggere queste parole, mi hanno fatto venire un po' di nostalgia per "Quel ridicolo pensiero", e allora l'ho dovuto sottrarre alla mia libreria per rileggere il capitolo citato dalla blogger (il Motel horror :P), ma ne ho approfittato per rivedere anche altri passi. 
Mi era mancata Carina con la sua storia un po' buffa!
E che effetto strano rileggere i propri scritti dopo tanto tempo! Sembra quasi che a scriverli sia stato qualcun altro. 
Mi riprometto di riprendere più spesso in mano i miei romanzi, perché pare che, dopo averli scritti ed eventualmente pubblicati, io li "abbandoni" un po' e li senta "un po' meno miei". 
Ma ho una giustificazione per questo: la scrittura è una questione di attimi, è istantanea, almeno per quanto mi riguarda. È quel gettare sul foglio bianco certe emozioni di passaggio, che apparterranno per sempre a quel momento soltanto. L'"estro" si esprime, crea, si appaga creando: una volta dato il suo contributo, è come se questo non gli appartenesse più. Non, almeno, nella misura in cui gli apparteneva durante gli istanti della creazione.

Se avete voglia di leggere la recensione per intero, cliccate su questo link!

Ma di recensioni ne sono state scritte anche altre. Se avete voglia di scoprirle, le potete trovare qui






A presto!






Simona





mercoledì 16 ottobre 2013

"Convivenza leggera... Matrimonio d'affari", di Vanessa Vescera: le mie impressioni.



Ho appena finito di leggere questo libro e ne sono davvero entusiasta!
La prima cosa che mi viene da dirvi è che la storia è molto divertente. Vanessa è riuscita davvero a creare una storia frizzante, allegra, sorridente, in alcuni punti si ride addirittura, e far sorridere è un conto, ma far ridere è un altro, e Vanessa, almeno con me, ci è spesso riuscita. 
La protagonista, Alicya, è una ragazza sorprendente! È elettrica, fantasiosa, sempre di corsa, fa mille incontri, ne combina di cotte e di crude, con lei è decisamente impossibile annoiarsi. Non la vedi mai ferma, neanche mentalmente, dato che continua a pensare, rimuginare, riflettere, darsi tormenti, farsi paturnie... tipico delle donne di oggi! Alicya sa diventare davvero una grande amica per le lettrici. Il suo carattere è a metà fra il dolce e il ribelle. Vuole fare la ribelle, sì, partorendo questa assurda storia della convivenza leggera e del matrimonio d'affari (non vi svelo che cosa vuol dire, leggete il libro e lo capirete: ne vale la pena!), ma dietro a questa sua corazza si nasconde un animo tenero, una ragazza molto dolce che ha voglia di trovare l'Amore.
Dolce: è un altro aggettivo che potrei dare a questa storia. Perché sì, vediamo spesso e volentieri questo personaggio nelle vesti di una donna "acida", spesso irraggiungibile, ma, di tanto in tanto, Vanessa inserisce dei passaggi teneri e dolci, che hanno a che vedere fondamentalmente con il passato di questa protagonista, con la nonna che l'ha cresciuta, con certi inevitabili dolori, e allora Alicya, mano a mano, ci appare sempre di più per quella che è realmente. I tasselli si riuniscono tutti, e iniziamo a capire quali motivazioni si nascondono dietro a questi suoi spesso assurdi comportamenti. E, dato che la storia ha un'altissima percentuale di ironia e allegria, quando subentrano questi brevi passaggi all'insegna dei ricordi e della dolcezza, siamo in grado di commuoverci di più, proprio perché inattesi.
Non posso dire che la fine sia la più originale che abbia mai letto, ma è tipico dei romanzi rosa, che richiedono un lieto fine, quello che io, tra l'altro, apprezzo moltissimo, proprio perché è bello sapere che le storie finiscono bene, e che c'è sempre speranza che le cose si aggiustino, che vadano per il verso giusto.
Vanessa, che avevo già avuto modo di leggere insieme a Fabiana Andreozzi (scrivono a quattro mani, qui la recensione di un loro libro in comune), mi ha sorpresa anche "da solista". Sa scrivere, sa usare le strutture narrative giuste, usa un linguaggio pulito, spontaneo e adatto al contesto, sa spesso sorprendere, ci descrive attentamente le scene e ci fa conoscere bene la psicologia dei suoi personaggi. 
Penso sia un libro che può essere letto da tutti, anche se il genere cui appartiene fa pensare che il pubblico preferenziale sia femminile. A ogni modo questa protagonista vi conquisterà, saprà come tenervi svegli e... non vi deluderà!

Per chi ha già letto questo libro o per chi lo leggerà e avrà voglia di conoscere di più la fantastica autrice che si nasconde dietro a questa abile penna, vi lascio il link a una divertente intervista-chiacchierata cui ha risposto per la sua editrice: guardatelo qui! 







_____________
Simona



venerdì 27 settembre 2013

Breve e gradito commento a JEANS E CIOCCOLATO.

Buongiorno ragazzi!
Oggi vi faccio leggere il commento graditissimo
di una lettrice di JEANS E CIOCCOLATO.
Spero che possano regalare emozioni positive
anche QUEL RIDICOLO PENSIERO
 e il romanzo-ancora-senza-titolo che ho concluso giusto ieri! :)


Clicca sull'immagine per ingrandirla.



Grazie a Concetta Madia
e buona giornata a tutti voi!





Simona




giovedì 25 luglio 2013

"Un uso qualunque di te" e "Non volare via", di Sara Rattaro: le mie impressioni.


Ho letto questi due romanzi della Rattaro a distanza di tempo di circa tre mesi l'uno dall'altro. Ho iniziato da Un uso qualunque di te, di cui mi attirava praticamente tutto, il titolo, la copertina, la trama. Ultimamente ho letto in poco tempo Non volare via, e vi ho trovato la stessa identica Rattaro, con il suo stile e la sua capacità di emozionare, e con le sue storie che hanno sempre un che di drammatico, ma anche un sapore di vita quotidiana, e di sentimenti autentici.

Ho trovato una specie di somiglianza fra i due romanzi, tuttavia. La sensazione è quella di due storie diverse, senza dubbio, ma che in qualche modo ripropongono lo stesso genere di episodi, lo stesso tema, e un po' mi è dispiaciuto che la Rattaro si sia "ripetuta". Non so se sia una sensazione corretta, non so se sia dovuta al fatto che li abbia letti a una distanza abbastanza ravvicinata, ma leggendo Non volare via ho fortemente sentito la presenza di Un uso qualunque di te
Sarà forse dovuto al fatto che Un uso qualunque di te mi era rimasto particolarmente impresso: non è facile "liberarsi" di quella storia.

In entrambi i libri, comunque, si parla di famiglia, in entrambi i libri c'è la presenza di un figlio che, sebbene con ogni probabilità si sia trattato di pura coincidenza, ha dei problemi. Genitori e figli, quindi, di fronte alle difficoltà della vita, e uno dei due genitori, sempre - in Un uso qualunque di te la moglie, in Non volare via il marito - in qualche modo sfugge all'altro, ed ecco il tradimento, l'infedeltà, la devastazione, la scoperta. In entrambi i libri il tradimento, alla fine, finisce per essere al centro della narrazione. In Un uso qualunque di te lo è di certo, non ci sono vie di scampo, diventa uno dei perni principali della storia. In Non volare via all'inizio si ha la sensazione che le cose vadano diversamente, l'attenzione ruota intorno a Matteo, un bambino audioleso dalla nascita, ma poi ecco nuovamente l'infedeltà, che finisce per diventare il tema principale, occupando tutti i capitoli centrali.
Questo a ogni modo non toglie nessun merito ai libri e al talento dell'autrice!

In Un uso qualunque di te la protagonista è Viola, una donna complicata, "sbagliata", sposata con un uomo perfetto, Carlo, che la ama di un amore incondizionato. Hanno una figlia, Luce, che presto si scoprirà avere un problema di salute che necessiterà di un urgente intervento chirurgico. 
La storia è strutturata in maniera molto interessante, si apre nel presente per poi fare immensi tuffi nel passato, con dei flashback di cui la Rattaro si serve spesso e volentieri, e che usa per farci conoscere piano piano le debolezze di questa donna "imperfetta".
L'intervento chirurgico della figlia porta a galla una verità che Viola ha tenuto nascosta per anni interi, mai potendo immaginare che un giorno sarebbe emersa nel modo più drammatico che esista, in un ospedale, mentre la vita della figlia è appesa a un sottile filo di speranza. 
Quello che ho apprezzato maggiormente di questo libro è stata la capacità della Rattaro di far provare dei sentimenti reali nei confronti dei personaggi, come fossero veri, persone di nostra conoscenza. Nei confronti di Viola, in particolare, il lettore si pone con diffidenza, con fastidio e rancore. Io, per lo meno, a fine lettura ho dovuto fare i conti con Viola per qualche giorno: non ho mai capito veramente se sono riuscita a perdonarla o meno. 
Quello che ci fa "detestare" Viola è la sua superficialità, la sua meschinità a volte velata di innocenza. La Rattaro ce la descrive troppo bene nella sua dimensione interiore, e ce la fa vedere sotto la luce di una donna sbagliata, forse in fondo un po' cattiva, che non si può accontentare di quello che possiede ma che aspira ad avere sempre di più, una donna irresponsabile e, soprattutto, una donna che ammette di avere accanto a sé l'uomo migliore del mondo e nonostante ciò lo tradisce, gli fa del male, e gli tiene nascosta una verità troppo importante. 
Mi sono sempre detta che se provi almeno un po' di stima nei confronti di Carlo, in questo libro, come conseguenza naturale non puoi che provare l'opposto per Viola. E la Rattaro è troppo brava a portare il lettore laddove desidera, ci fa conosce gli aspetti peggiori di Viola e quelli migliori di Carlo. 
Carlo: un uomo meraviglioso, lo vedi attento a non far mancare niente alla moglie e alla figlia, un cuore immenso, un porto sicuro, un padre eccezionale che ama in maniera incondizionata le due donne della sua vita, un uomo che non abbandonerebbe mai Viola, un uomo che lei considera un vero e proprio punto di riferimento, un uomo che non le permette mai di smarrirsi, che la trova ovunque lei possa perdersi, che sia in un luogo del mondo o in un luogo della sua intimità.
Non puoi voler bene a Carlo senza un po' odiare Viola: è un passaggio d'obbligo.
Ma poi arriva la redenzione, se così vogliamo chiamarla. Alla fine accade qualcosa che, in qualche modo che forse sembra - a mio modesto parere - un po' troppo costruito, teatrale e surreale, vuole farci riflettere. E sì, è vero, ci rifletti, e penso che quello su cui voglia farci riflettere sia la nostra capacità di perdonare: quanto siamo capaci di perdonare? Qual è il confine fra la nostra percezione del bene e la tolleranza del male? 


In Non volare via la Rattaro sa sempre stupire con i suoi momenti di riflessione che si alternano ai passaggi narrativi, con le sue parole che spesso toccano l'animo, e ci fa vedere il quadro di una famiglia che, come sempre, è felice solo apparentemente. Emozionante è il racconto che ruota intorno alla figura di Matteo, un bambino audioleso dalla nascita, ma perfetto nella sua "imperfezione", intelligente, sveglio, e molto fortunato d'aver avuto alle spalle una madre modello, una famiglia presente, una sorella protettiva e affettuosa. La sua vita è costruita come sotto una campana di vetro, una vita fatta di regole, di orari, di tentativi di mantenere sano e perfetto un equilibrio che per niente al mondo dovrebbe vacillare. 
Ma suo padre, Alberto, un giorno cade nella trappola dell'infedeltà. Anche qui la Rattaro è in grado di guidarci nei sentimenti e stavolta non ce lo fa odiare. Alla figura dell'amante Camilla, infatti, è legato un passato che trova le sue radici nel lontano ultimo anno di Liceo. Alberto era un ragazzino di 18 anni, troppo inesperto, immaturo e timido, e il giorno in cui era diventato un uomo, al suo fianco c'era Camilla. Camilla che era una ballerina, Camilla che gli aveva conquistato il cuore e Camilla che lo aveva abbandonato per inseguire il sogno della danza. 
Quando tornerà, dopo molti anni, Alberto capirà di non averla mai dimenticata e inizierà un gioco infedele e crudele, che porterà inevitabilmente dei cambiamenti importanti all'interno della sua famiglia. 


I personaggi della Rattaro sono tutti straordinariamente umani, fragili e autentici, e mi sembra che le sue storie vogliano evidenziare, in particolare, proprio la natura imperfetta dell'essere umano.





Simona



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