È venuto un forte vento freddo a buttare giù le foglie degli alberi, che fino a ieri avevano ancora le chiome colme di rosso e arancione. Questo forte vento freddo è venuto proprio da un momento all'altro, non ho avuto neppure il tempo di salutare l'autunno, è stato un istante: tornando nel parco per la consueta passeggiata l'ho ritrovato spoglio, verde, un po' gelido, seppur sempre meraviglioso nell'incanto della sua bellezza.
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Dipinto di Leonid Afremov. |
Mi ero particolarmente affezionata a quelle stupende foglie che cadevano sul suolo creando immensi tappeti arancioni, e a quelle che ancora resistevano attaccate ai rami, e a quelle che svolazzavano nell'aria dopo improvvise folate di vento. Mi sentivo molto vicina a loro. L'autunno mi riempie il cuore di calore e di incanto. D'autunno mi sento particolarmente partecipe della natura, quella natura che un giorno rinascerà, ma non oggi, quella natura intrisa di un profondo senso di caducità imminente, quella natura che mi fa sentire nel mio habitat naturale, come se ne fossi una parte integrante, come se l'autunno fossi io.
Quel parco è stato la prima cosa che ho visto quando sono arrivata qui quest'anno. Era impossibile non notarlo: si stagliava imponente sullo sfondo di un'elegante zona milanese, ed era come un potente richiamo al quale non potevo restare indifferente. Quel giorno il parco mi ha accolta con i suoi colori caldi e autunnali, con il porpora delle foglie, e con un cielo che preannunciava la sera fra il blu e le scie rosse del tramonto.
L'ho scoperto piano piano, fra un impegno e un altro. Fino in fondo ci sono arrivata solo poco tempo fa. Ho fatto in tempo a catturarlo in mille foto, in tutte le pose e in tutti i colori che mi offriva, ma poi stamattina, improvvisamente, l'inverno lo ha trasformato. Si è portato via tutte le foglie, e i colori caldi, e i tappeti secchi, e il mio habitat naturale. Si è portato via il quadro impressionista in cui ogni volta avevo la sensazione di camminare, come se fossi una di quelle figure stilizzate dipinte da Leonid Afremov. Mi sentivo addosso una spennellata di colori ad olio. Chissà di che colore dipingerebbe i miei abiti Afremov, chissà che espressione mi metterebbe sul volto, chissà che cosa penserebbe spennellando la mia figura, e gli alberi, e la natura intorno a me.
Simona