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Salman Rushdie |
In libreria mi avevano detto: "Il suo migliore romanzo? L'ultimo sospiro del Moro".
Fra quelli che ho letto sinora, tuttavia, L'ultimo sospiro del Moro è quello che mi è piaciuto di meno. Ho trovato la storia poco convincente, e poi sarà quell'ingarbugliarsi in mezzo a storie di mafie, furti e traffici di droga che di solito non mi colpiscono particolarmente. I protagonisti di Rushdie hanno tutti quanti una particolarità che li rende speciali. Peccato che in questo romanzo io non abbia sentito forte la presenza dell'handicap del Moro - la sua particolarità - ovvero la strana "malattia" che lo fa crescere con il doppio della velocità rispetto a una persona normale, facendogli avere un corpo da sessantenne a trent'anni. Il dramma, in L'ultimo sospiro del Moro, è comunque attuale e degno di nota, è fondamentalmente il dramma della famiglia. Il dolore, l'odio, l'invidia, le eredità, le cose non dette, che distruggono le trame sottili attraverso cui fratelli sorelle mamme padri sono indissolubilmente legati.
Fra quelli che ho letto sinora, tuttavia, L'ultimo sospiro del Moro è quello che mi è piaciuto di meno. Ho trovato la storia poco convincente, e poi sarà quell'ingarbugliarsi in mezzo a storie di mafie, furti e traffici di droga che di solito non mi colpiscono particolarmente. I protagonisti di Rushdie hanno tutti quanti una particolarità che li rende speciali. Peccato che in questo romanzo io non abbia sentito forte la presenza dell'handicap del Moro - la sua particolarità - ovvero la strana "malattia" che lo fa crescere con il doppio della velocità rispetto a una persona normale, facendogli avere un corpo da sessantenne a trent'anni. Il dramma, in L'ultimo sospiro del Moro, è comunque attuale e degno di nota, è fondamentalmente il dramma della famiglia. Il dolore, l'odio, l'invidia, le eredità, le cose non dette, che distruggono le trame sottili attraverso cui fratelli sorelle mamme padri sono indissolubilmente legati.
Non mi è piaciuto, ma finora posso dirlo solo di questo romanzo di Rushdie, mentre per gli altri che ho letto mi riservo un parere decisamente positivo: I figli della Mezzanotte, I versi satanici, L'incantatrice di Firenze.
Ci sono dei concetti, delle immagini, degli elementi che si ripetono nei romanzi di questo scrittore. Sembra che Rushdie non possa farne a meno, come se non fosse capace di concepire la vita senza di loro:
- L'Arte. Che sia sottoforma di disegno, di pittura, di musica, di magia, è un concetto dal quale non si può trascendere, l'Arte pura che, in un modo magico, incantevole, si interseca indissolubilmente alla Vita, tanto da non riuscire spesso a distinguere l'una dall'altra.

- La donna. La donna ha una presenza massiccia nei suoi romanzi, la donna "dalla lingua tagliente", la donna alla quale si obbedisce tutto, la grande pittrice Aurora de L'ultimo sospiro del Moro che ti distrugge, se vuole, ma in un modo talmente gentile che ti fa amare l'inferno in cui ti conduce come fosse un paradiso; la donna come ammaliatrice di uomini, donne e perfino animali, l'incantatrice di Firenze che, dall'abisso dei suoi intensi occhi neri, può ogni cosa, nella sicurezza della sua bellezza e del suo potere; madri e amanti e sorelle dietro cui la stessa presenza degli uomini va a eclissarsi.
"C'è una debolezza che prende gli uomini alla fine di una battaglia: quando si rendono conto della fragilità della vita, se la stringono al petto come una zuppiera di cristallo che hanno quasi lasciato cadere, e davanti al tesoro della vita si perdono improvvisamente di coraggio. In quel momento tutti gli uomini sono codardi, non riescono a pensare ad altro che all'abbraccio di una donna, ad altro che alle parole consolatorie che solo una donna sa mormorare, ad altro che alla gioia di smarrirsi nei labirinti fatali dell'amore. [...]" (Cit. L'incantatrice di Firenze)

Un altro elemento che ho riscontrato in tutti i romanzi letti finora è la malattia mentale. Molti dei suoi personaggi, che siano protagonisti o personaggi secondari, hanno depressioni, psicosi, visioni, tortuosi percorsi mentali che li rendono vulnerabili e spesso bizzarri.
Ancora, ho notato una certa tendenza alla narrazione di lunghe genealogie, di infinite generazioni di famiglie. Il dramma della famiglia è certamente uno dei punti cruciali da cui l'autore parte a scrivere.
Da non trascurare, inoltre, le numerose citazioni che pullulano i suoi racconti, la presenza di personaggi realmente esistiti, il mescolarsi di finzione e realtà. Per esempio, ne L'incantatrice di Firenze compaiono personaggi come Niccolò Machiavelli e Amerigo Vespucci, mentre ne I figli della Mezzanotte - il racconto dell'India per eccellenza - la presenza di personaggi politici, prima fra tutti Indira Ghandi contro cui Rushdie si scaglia apertamente, è di fondamentale importanza.
Questo scrittore non propone mai temi superficiali. Con Rushdie troviamo il modo di riflettere su temi importanti, moderni e antichi insieme.

Non è da dimenticare, poi, l'approccio religioso di questo testo, quella specie di "rilettura" o, come è stata definita da alcuni, "parodia" del Corano, che è pesata su di lui con la pronuncia di una condanna a morte da parte dell'Imam Khomeini, per la quale lo scrittore è costretto a vivere da "clandestino".

"[...] È privilegio e maledizione dei bambini della mezzanotte essere insieme signori e vittime dei propri tempi, rinunciare alla privacy e lasciarsi risucchiare nel vortice annientante delle moltitudini e non poter mai vivere o morire in pace." (Cit. I figli della Mezzanotte)
Mi rendo conto che parlare dei romanzi di Rushdie non è per niente un'impresa semplice, complessi e ricchi come sono. Anche lo stesso Saleem de I figli della Mezzanotte dice "Per conoscermi, dovrete inghiottire un mondo". Ci sono infatti milioni di cose da dire, ma "lascio ai posteri l'ardua sentenza", perché tanta ricchezza può e deve entrare dentro solo attraverso la lettura diretta, che consiglio a cuore aperto.
Questa non è semplice scrittura di evasione. Quando scrive, Rushdie ha davvero qualcosa da dire, e la dice senza indugi, senza sotterfugi: attraverso quella che potrei definire una "penna tagliente", come lui definisce tagliente la lingua delle donne!
Rushdie ha davvero tanto da insegnare: non fatevelo sfuggire!
Per finire, vorrei fare i complimenti ai traduttori che hanno curato questi testi: Ettore Capriolo e Vincenzo Mantovani. Di solito il traduttore passa in secondo piano, anzi non viene considerato affatto. Be', sarà per la mia formazione linguistica, ma io do molto peso alla mano del traduttore, e leggere libri così ben tradotti, prose così naturali e scorrevoli che ti fanno dimenticare di essere di fronte a un testo non originale, fa davvero la differenza.
E poi... diciamolo apertamente: tradurre Rushdie non dev'essere stato per niente una passeggiata :P !
Simona
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