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Arco della Pace, foto dal web |
Milano, periodo di passaggio fra la primavera e l’estate. Ricordi. Un marciapiede, dei negozi aperti - ma ancora non per molto - il sole che era ormai quasi del tutto tramontato, da qualche parte dietro ai palazzi. Il bar all’angolo. Il grande parco che si apriva immenso al di là dell’incrocio. Le varie entrate alla stazione di Pagano. Gli ultimi raggi del sole che si posavano dappertutto con le loro lunghissime braccia. Si posavano sulle bancarelle allestite nei punti più strategici, sull’asfalto, sui pali della luce, sulle folte chiome degli alberi, sui primi vestitini leggeri sfoggiati dalle ragazze. La temperatura, ah, quella temperatura! Non si può dire che fosse piacevole, di più, ben di più. Non c’è termine che possa descrivere il ricordo di quella temperatura sulla pelle, di quella brezza primaverile che si posava sull’epidermide, di quel profondo desiderare l’eternità di quei momenti. Si stava bene, così bene, che non si poteva chiedere di essere altrove. L’altrove non ti avrebbe potuto dare di più, giacché lì, proprio lì e in quel preciso istante, la perfezione non ti lasciava scampo. Il tutto mentre il mondo diventava rosa, sfumato verso il violaceo, in una tinta che aveva del paradisiaco. Il tutto mentre via Pagano ti conduceva dritto all’Arco della Pace. Il tutto mentre Parco Sempione faceva capolino da dietro le inferriate. Respiravamo il mondo. Annusavamo la vita. Camminavamo fianco a fianco, parlando di tutto e di niente, pronti per una nuova serata. Avremmo fatto una passeggiata, un apericena, forse un cinema. Chissà, qualcosa.
Già in fissa con la primavera/estate.
Simona
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