Scritta scorrevole

"Go as far as you can see, when you get there, you'll be able to see further" (T. Carlyle)

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Insegnante di inglese appassionata di scrittura e di fotografia e profondamente innamorata degli animali. Questo blog è un ampio rifugio in cui condivide passioni, letture, riflessioni, novità sui suoi libri e molto altro. INSTAGRAM: @simona_giorgino (profilo autrice), @photosfromthewind (profilo fotografico).

sabato 20 aprile 2013

SEGNALAZIONE: "Sull'orlo del Vespro", di Amina Havet.


Ciao amici!
Questa è una pagina dedicata a un libro intitolato
 "Sull'orlo del Vespro".
Non sarò io a presentarvelo,
ma vi lascio al post scritto dalla stessa autrice,
Amina Havet.



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Salve a tutti, mi chiamo Amina e sono l'autrice di Sull'Orlo del Vespro. Con questo breve post vi presento un romanzo Urban Fantasy made in Italy edito nel 2008 dalla 0111 edizioni e dal 12.12.12 tramite Amazon e Lulu.
Se come me siete divoratori di saghe Urban Fantasy e telefilm sul soprannaturale, non potete farvi sfuggire questo libro, che al costo di un semplice caffè vi terrà compagnia trasportandovi in un viaggio indimenticabile.
La scelta di ripubblicare il romanzo il 12.12.12 non è del tutto casuale, dal momento che questa data si riflette in molte circostanze della nostra vita (12 mesi, 12 ore nei meridiani del giorno, 12 segni dello zodiaco, 12 apostoli) e gioca un ruolo fondamentale all'interno del libro.
Con questa coincidenza ho voluto immergere il lettore all'interno del libro e far respirare parte dell'atmosfera creata da Cristopher e i suoi amici a ognuno di voi.


Trama
La noiosa vita di Cristopher Lancaster e del suo amico Edward Post viene messa a soqquadro quando il passato del ragazzo si fonde con il suo presente. Colpito da una pesante maledizione che lo costringe a vivere di notte e nascondersi di giorno, Cris ha trascorso la sua esistenza occultando la sua identità e cacciando creature soprannaturali. Tra colpi di scena e situazioni al limite del verosimile, il nostro protagonista dovrà affrontare la sua più grande paura per liberarsi dalla maledizione e proteggere le persone a lui più care.

Autrice
Nata il 16 Marzo 1985 e cresciuta per il mondo, Amina Havet ha sempre nutrito un forte interesse per la cultura e le leggende locali di ogni Paese.
Laureata in Lingue per la Comunicazione Internazionale nel febbraio del 2008, ha deciso di unire la passione per la creatività e l’amore per la fantasia in un unico libro che ha come protagonista indiscussa la millenaria città di Roma, da sempre centro del mondo e punto d’incontro per le persone di diversa nazionalità.

Booktrailer:





Link Utili










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Per presentare il tuo libro o prodotto su questo blog,
scrivimi: alamuna@gmail.com



venerdì 12 aprile 2013

I colori della primavera...


...e le bellezze che ci offre 
mi rapiscono i sensi.

Ci sono un sacco di foto che ritraggono
dei rami fioriti,
ma che ci posso fare?
Sono delle bellezze che per me non appassiscono mai.


Non riesco proprio a rimanere indifferente 
di fronte a un fiore, a un bocciolo, a un ramo,
a un albero o alla corteggia rugosa
del suo tronco.




Quando gli alberi si vestono di fiori
e i prati e le campagne si riempiono di colori,
inevitabilmente mi coloro anch'io.




La primavera mi sa di rinascita. Mi fa respirare aria di bellezza,
di buonumore, di relax,
un odore buono
misto alla sensazione di ottime prospettive di vita,
anche se non sempre le cose vanno come ti immagini.




Ho catturato il viola che colora
questi alberi rinati a nuova vita,
l'ho dovuto fare necessariamente,
per rispondere a un'esigenza interiore.

Ho portato la primavera dentro di me
servendomi dell'obiettivo.




E adoro l'evanescenza nelle foto.
Quel senso di indefinito, quel vedo/non vedo 
che ha tanto in comune, poi, con la vita.






E infine l'ultima foto,
 che in qualche modo
racchiude il senso di tutta la mia primavera.




Un ramo fiorito che si protende verso qualcosa
di indefinito.
Verso qualcosa di bello, ne sono convinta.






Simona





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Photo Copyright: Simona Giorgino
Clicca sulle immagini per ingrandirle.

giovedì 11 aprile 2013

"L'amore è dolce", il romanzo d'esordio di Valeria Conti: intervista.


Ciao a tutti!
Oggi vorrei presentarvi Valeria Conti che in questa breve intervista
ci racconta del suo primo libro, un romanzo rosa dai "toni gialli"
intitolato "L'amore è dolce".
Ecco che cosa ci siamo dette!




Valeria Conti

Ciao Valeria, benvenuta nel mio blog. Hai appena pubblicato un romanzo dal titolo “L’amore è dolce”. Si tratta del tuo primo romanzo? 

Ciao a te, Simona. Sì, “L’amore è dolce”, edito da Edizioni Fantasia, è il mio primo romanzo e, appunto per questa ragione, ci sono molto affezionata! 

Il tuo libro ha una copertina rosa, un titolo dolcissimo e i tratti tipici dei romanzi rosa, ma mi ha colpito il fatto che tu abbia deciso di mescolare una storia sentimentale con il giallo. Ci racconti come mai questa scelta? 

Ottima osservazione! Diciamo che adoro le storie sentimentali, ma non mi va di cadere nel banale… per cui ho deciso di mettere un po’ di pepe fra le pagine e spero di esserci riuscita. 

E’ stato difficile trovare un editore disposto a pubblicarti? Hai avuto contatti con altri editori? 

Il mondo degli esordienti è, purtroppo, difficile e pieno di editori che non sono disposti a pubblicarti appunto perché “esordiente”… ma da qualche parte si deve pur cominciare, no? Ho avuto la fortuna di trovare una casa editrice NO EAP che ha deciso di puntare su di me e sul mio romanzo e ho accettato subito. 

Che percezione hai avuto della situazione editoriale italiana? E qual è in generale la tua opinione riguardo alla pubblicazione di romanzi con i piccoli editori? 

La situazione editoriale in Italia è piuttosto statica, a mio avviso. I grandi editori pubblicano solo nomi noti e spesso non sono aperti neppure a valutare i nuovi manoscritti. Per questo ammiro molto i la piccola editoria che, nonostante le poche disponibilità finanziare, è comunque dotata di iniziativa e amore per i libri e per i loro autori.

Chi è lo scrittore secondo te? Chi può considerarsi o definirsi tale? 

Potrei dire che scrittore è colui che scrive, per definizione. Ma no, non basta. Scrittore è colui che riesce ad emozionare chi legge, chi trasmette qualcosa di più che delle semplici parole su carta, chi ti fa innamorare di un libro, di una storia, dei suoi personaggi. 

Quanto tempo dedichi alla scrittura e di quanto tempo hai avuto bisogno per scrivere il tuo romanzo? 

Dedico alla scrittura il tempo che mi resta dopo essermi presa cura della mia famiglia. Ho un bimbo piccolo che assorbe molto tempo e devo ammettere che scrivo quando lui è all’asilo o dorme. Per il mio primo romanzo ho impiegato circa sei mesi. 

Pensi che un giorno potresti tuffarti nella stesura di un romanzo di genere completamente diverso dal tuo attuale? 
Io adoro il genere rosa, ma chi lo sa…. 

Quali sono secondo te gli aspetti che il lettore potrebbe apprezzare di più nel tuo romanzo? 

Sicuramente i toni divertenti e ironici, le situazioni esilaranti che emergono in alcune pagine ma soprattutto la travolgente simpatia di Sarah, la protagonista, che nonostante i suoi chili in più e la sua insana voglia di dolcetti alla fine trova un principe azzurro che è interessato a lei, non alla sua taglia. 

Che cosa rappresenta la scrittura nella tua vita? 

Scrivo fin da quando ero piccola: poesie, piccoli racconti e adesso romanzi. La scrittura è una parte importante di me, la migliore credo.

Hai intenzione di pubblicare ancora? Hai già in progetto o in stesura nuovi lavori? 

Per l’estate è prevista l’uscita del mio secondo romanzo “Una crociera sui tacchi”, edito questa volta da Booksalad, una piccola casa editrice che si fa notare nel settore. Ho inoltre già finito il mio terzo lavoro “Ti presento il mio ex” in attesa di essere valutato dagli addetti ai lavori e attualmente mi sto dedicando alla stesura del mio quarto romanzo, sempre di genere rosa ma velato da un pizzico di mistero, che non guasta mai. 

Grazie per essere stata con noi! Alla prossima! 

Grazie a te! A presto.





Visitate la pagina Facebook del romanzo.




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Per rispondere a un'intervista, scrivimi: alamuna@gmail.com



sabato 6 aprile 2013

Elisabetta Michelin e i suoi romanzi "chick lit": intervista.


Ciao a tutti! 
Dopo un bel po' di tempo, oggi ritorno sul blog con un'intervista! 
Non mi sono ancora liberata degli impegni universitari - in realtà ne avrò almeno fino all'estate - motivo per cui sono latitante e trovo poco tempo per aggiornare il blog e per proporvi letture e autori emergenti. 
Tuttavia oggi sono qui - di passaggio - per presentarvi un'autrice
 che definire interessante credo sia davvero riduttivo. 
Lo capirete voi stessi leggendo questa intervista: sono certa che vi conquisterà! 
Le risposte di Elisabetta Michelin, scrittrice emergente di chick-lit e amministratrice di un blog di successo, sono un vero spasso (e ho letto i suoi libri: consigliatissimi. Non appena sarà possibile scriverò una recensione).
Non perdetevi assolutamente la sua intervista!





Ciao Elisabetta, sono contentissima di ospitarti sul mio blog! Complimentandomi innanzitutto con te per la pubblicazione dei tuoi primi due romanzi, ti invito a parlarci un po’ della tua esperienza di pubblicazione, di come hai conosciuto l’editore REI e che cosa hai provato nel momento in cui ti ha comunicato l’esito positivo della valutazione. 


Ciao Simona. Per me è bellissimo essere ospitata nel blog di una scrittrice emergente di talento. Ho letto entrambi i tuoi romanzi e li ho trovati proprio nelle mie corde: scorrevoli, divertenti ma allo stesso tempo non così frivoli come vogliono sembrare, stuzzicanti, non scontati. Mi hanno lasciato in bocca una piacevole sensazione ed è esattamente quello che cerco nei libri che leggo: complimenti a te! 
Ecco perché sono contenta di averti conosciuta e che tu mi abbia chiesto questa intervista. 
La mia esperienza di pubblicazione nasce per caso. Per caso ho scritto il mio primo romanzo (tutta colpa di qualche mojito di troppo e della mia boccaccia che, soprattutto in quelle situazioni, non sta zitta) e poi… mi sono presa l’influenza. Ero a casa da sola, avevo la febbre alta, tanti farmaci in circolazione ed un manoscritto che non aveva ancora letto nessuno. Così ho fatto quello che fanno tutte le persone normali quando la febbre non le rende del tutto lucide: ho preso in mano il telefono e ho annunciato alla Mondadori che avevo scritto un romanzo. 
Loro non l’hanno presa con l’entusiasmo che immaginavo (chissà perché), così ho chiamato la Feltrinelli. Anche da parte loro un “no” secco. 
Solo che non sono mai stata una persona che si ferma di fronte al primo no, e se è per questo nemmeno di fronte al secondo, al terzo, al quarto o al millesimo. Mi sono armata di email, telefono e altri mezzi di circolazione e ho contattato tutte le case editrici sulla faccia della terra. Non so nemmeno quante porte mi siano state sbattute in faccia, tuttavia sono fiera di poter dire che “le bugie hanno le gambe lunghe e il tacco dieci” ha ricevuto ben cinque proposte di pubblicazione. 
Ho scelto quella delle Edizioni Rei perché mi ha colpito per la sua onestà. Si tratta di una piccola casa editrice che si assume assieme allo scrittore il rischio della pubblicazione. Purtroppo ci sono tante case editrici che invece mirano ad accaparrarsi solo l’eventuale meglio, lasciando oneri e rischi sulle spalle dello scrittore. 
Questo è il motivo per cui ho deciso di pubblicare assieme alle Edizioni Rei anche “voglio un matrimonio in Sergio Rossi”. 


Dunque, i tuoi due romanzi s’intitolano “Le bugie hanno la gambe lunghe e il tacco dieci” e “Voglio un matrimonio in Sergio Rossi”. Be’, direi che in entrambi i titoli c’è una chiara allusione alle scarpe con tacco: dietro a questa scelta si nasconde per caso una passione per le calzature? :P 

Ho un’amica che vanta una collezione da 192 paia di scarpe. Io invece ho solo le scarpe che mi servono. 
E qui aggiungiamo un “purtroppo” a caratteri cubitali. 
Io amo le scarpe in tutte le loro manifestazioni, ma soprattutto amo le scarpe griffate. Non ne ho mai posseduto un paio, ma quando le vedo nelle vetrine (di Milano, perché qui a Padova non le ho ancora viste) mi sciolgo letteralmente. 
Non resisto di fronte ad un paio di Manolo, sono sbalordita dalla creatività di Louboutin, Sergio Rossi produce le scarpe più eleganti che si possano immaginare, mentre Mark Jacobs è semplicemente l’inventore delle ballerine fatte e topino, che tutti hanno imitato e imiteranno nei secoli dei secoli, e questo la dice lunga su di lui. 
Vivo a due passi dalla Riviera del Brenta, distretto della calzatura, dove tutte queste scarpe vengono prodotte. Ho avuto la fortuna di lavorare per qualche anno mettendo il naso nei calzaturifici, di discutere con chi quelle scarpe le disegna e le produce materialmente. Se l’amore per le scarpe in una ragazza è praticamente genetico, ho avuto modo di rendermi conto che dietro ad un paio di scarpe, ad un disegno, c’è molto di più. Dietro ad un paio di scarpe, soprattutto femminili, ci sono passione, impegno, capacità di leggere una donna, ricerca, talvolta una tradizione che si tramanda di padre in figlio. Tutte queste componenti rendono magico ogni paio di scarpe e gli regalano una storia da raccontare. 


I tuoi due romanzi sono i due capitoli di una stessa storia, ossia la storia di Alice, una protagonista a dir poco particolare e un po’ pasticciona, del suo “fantastico fidanzato” Luca e anche di tutte le sue amiche e di altri personaggi che colorano la scena. Ci racconti un po’ di come hai creato questi personaggi? Da dove vengono i loro caratteri e le loro personalità? Alice è un personaggio completamente inventato o potremmo dire che nel crearla ti sei ispirata ad altri personaggi, o a persone realmente esistenti, o forse a te stessa? 

Quello che proprio non volevo fare scrivendo i miei romanzi era riferirmi a me stessa o a persone che conosco. Io sono pasticciona, dimentico continuamente le cose, mi caccio in certe situazioni nelle quali non so nemmeno se ridere o piangere, tuttavia non volevo parlare di me. 
Ho immaginato Alice pensando a come vorrei che fosse una mia ipotetica migliore amica. Questo ha fatto in modo che, volente o nolente, finissi col darle effettivamente il carattere della mia migliore amica, anche se lei in effetti non è così pasticciona. 
Non mi sono comunque ispirata a fatti realmente accaduti. Ci sono dei richiami alla mia esperienza personale (è verissimo, ad esempio, che sono stata lasciata per una corniciaia dalle cosce secolari), ma si tratta di aspetti del tutto marginali. 
Una volta terminato il primo manoscritto, quindi, credevo di essere in una botte di ferro e che nessuno mi avrebbe riconosciuta in Alice. Era del tutto impossibile. Eppure le mie amiche, che mi conoscono evidentemente meglio di quanto io conosca me stessa, per mesi mi hanno ripetuto “si vede proprio che l’hai scritto tu”. Non chiedermi in base a cosa. 
Per quanto riguarda gli altri personaggi, c’è forse qualche richiamo alla vita reale nel personaggio di Alex, l’amica doppiogiochista. FF, il mio Fantastico Fidanzato, aveva parecchie mosche che gli ronzavano intorno quando ci siamo conosciuti (era già Fantastico prima di diventare Fidanzato). Il fatto che io abbia avuto la meglio non è stato preso bene da tutte quante e c’è stata qualcuna che ha giocato molto sporco per farmela pagare. Come se un uomo non avesse il libero arbitrio. 
Tutti gli altri personaggi sono invece frutto nudo e crudo della mia fantasia. Sono passati direttamente dalla mia testa alla carta, senza nessuna mediazione, nel bene e nel male. 


Mentre nel primo capitolo la nostra Alice avrà a che fare, appunto, con un’amica doppiogiochista a causa della quale rischierà di perdere l’uomo della sua vita, nel secondo romanzo sarà invece introdotto un personaggio decisamente particolare e… un po’ fuori del comune. Come mai hai scelto di introdurre questa figura? 

Vuoi la verità? Se dovessi risalire al momento esatto in cui quel personaggio mi è venuto in mente non lo saprei proprio fare. 
Inizialmente doveva comparire solo nei sogni di Alice e restarci, come se le due fossero collegate psicologicamente in qualche modo, ma poi i personaggi hanno fatto quello che hanno voluto ed è andata a finire così. 
Questo perché, quando scrivo un libro, ho in testa un punto A ed un punto B di massima. La trama dovrebbe aiutare i personaggi a traghettare da uno all’altro. Ciò che accade ogni santa volta è che i personaggi si impongano e facciano come pare a loro. Il punto B va a farsi benedire e io non posso fare altro che lasciare fare a loro. Inizialmente si tratta di una insignificante deviazione dal disegno originale, poi c’è qualche scambio di battute fuori luogo e in men che non si dica tutto quello che avevo progettato va a rotoli. 
Lo so che la scrittrice sono io e che dovrei pertanto avere un certo grado di controllo in quello che succede nei miei romanzi, ma ti assicuro che non è semplice. Ho cercato di dare a ciascun personaggio una propria personalità e spero di esserci riuscita. Ciò significa che non posso mettere in bocca a qualcuno parole che non direbbe, fargli fare qualcosa che non gli si addice, così come non lo posso censurare nel momento in cui si esprime secondo la propria natura. Se ti preoccupa questo discorso o pensi che io soffra di personalità multipla, ti rassicuro: è tutto normale, certe volte lo penso anch’io. 
Stephen King sostiene che sia impossibile disegnare a priori una trama. Lui di solito inizia un romanzo chiedendosi “che cosa succederebbe se…” e i personaggi fanno il resto. Io penso che abbia perfettamente ragione e che anche a me (modestamente) succeda così. Ecco perché un personaggio che doveva restare praticamente marginale, relegato in un sogno, si è imposto con così tanta forza in tutto il romanzo. 


I tuoi romanzi rientrano in un genere letterario contemporaneo, la “chick lit”, di cui Sophie Kinsella è sicuramente una delle maggiori esponenti. Ecco, vorrei domandarti se hai letto qualcosa di questa autrice, quali dei suoi romanzi eventualmente ti sono piaciuti di più e se la lettura dei suoi libri è stata per te una fonte di ispirazione. Come mai, quindi, la scelta di scrivere dei romanzi chick lit? 

Ho scoperto la chick lit leggendo Sophie Kinsella e l’ho amata. Ho letto tutti i suoi libri. La saga di “I love shopping” l’ho letta anche due volte. Poi sono passata alle altre autrici di chick lit ed ora mi nutro praticamente solo di quello. Credo di aver terminato i libri scritti da autrici famose e ora sto leggendo anche le autrici emergenti. Alcune di loro non hanno niente da invidiare alla Kinsella, se non una grandissima botta di… Per esempio in questo momento sul mio comodino si trova “il manuale del perfetto marito” di Elisabetta Belotti, nota anche come “la bionda prof”: mi fa scompisciare. 
Mi piace la chick lit perché mi rispecchia. Io sono esattamente così: sfigata, pasticciona, in lotta con la bilancia e il multitasking, ho una relazione clandestina coi carboidrati e mi caccio in certe situazioni che la Kinsella nemmeno se le immagina. Però cerco di prendere il tutto con ironia, un po’ perché sennò sarei morta, un po’ perché è l’unico modo che conosco per prendere le cose. 
Io penso che la chick lit sia lo specchio della nostra generazione di trentenni o giù di lì, costantemente in bilico tra ciò che siamo (la nostra natura terrena che tende a ritenere i liquidi) e ciò che vorremmo essere (delle wonderwoman supergnocche). La chick lit, nella sua leggerezza, non è quindi mai superficiale. Chi pensa che si tratti di un genere frivolo ha proprio sbagliato tutto: parla di noi, di come ci sentiamo ogni giorno, di come ci troviamo ingabbiate tra ciò che una ragazza umana può fare e le aspettative che la società ha nei nostri confronti, tra lo sclero di gestire quaranta ore di lavoro settimanali, sottopagate rispetto ad un uomo, una vita sociale e familiare decenti, e la società che ci vorrebbe sempre sorridenti ed ammiccanti a sfornare capponi con le patate per cena. 
Non ho veramente scelto di scrivere chick lit: è successo. Questo è il mio modo di scrivere, anche in questo caso non avrei potuto fare altrimenti. Penso che la chick lit ed il suo mondo facciano parte di me e non ci posso fare niente. Io non solo scrivo chick lit, ma anche parlo e agisco “chick”. 


Avendo letto i tuoi libri, posso sicuramente dirti che sono entrambi squisitamente divertenti e molte delle tue battute davvero piacevoli. Ti domando: ma quanto è divertente scrivere dei romanzi di questo genere letterario? Ti può capitare di ridere nel momento in cui ti cimenti in determinate scene? 

Ti ringrazio ancora un volta per i complimenti: sono davvero felice che tu abbia letto entrambi i miei lavori. Al di là del ritorno economico, che per un autore emergente è del tutto inesistente, la sensazione che qualcuno abbia investito delle serate del proprio prezioso tempo libero per leggere ciò che ho scritto mi riempie ogni volta di un’emozione incredibile. E’ come se mi inserissero una nuova batteria: è fantastico. 
E’ fantastico anche scrivere chick lit. Io sono affezionatissima ai miei personaggi e ho scritto “voglio un matrimonio in Sergio Rossi” proprio perché non ero pronta a lasciare che Alice e Luca se la cavassero da soli: avevo ancora bisogno di loro. 
Durante entrambi i lavori mi è capitato di ridere (caspita se ho riso), ma anche di restare col fiato sospeso a leggere che cosa sarebbe accaduto. Come dicevo, i miei personaggi fanno un po’ quello che pare a loro. Mi piacerebbe rassicurarli, essere certa che tutto si sistemerà, ma non posso farlo. Non so come andrà a finire la storia. 
Ora sto lavorando ad un terzo romanzo, un storia completamente nuova. Si tratta sempre di chick lit, ma con degli inserti molto teneri e mi sta accadendo di emozionarmi fin quasi alle lacrime nello scriverli. Mi capita di essere nel mio letto, con il portatile appoggiato sulle gambe, e di dover staccare gli occhi dal monitor per riprendere il contatto con la realtà prima di mettermi a piangere come una scema. 
Se capita a tutti gli scrittori di calarsi così tanto in quello che scrivono, sono contenta di essere una scrittrice di chick lit e non una di thriller. E di sicuro non voglio nemmeno immaginare la noia di uno scrittore di romanzi storici: brr… 


Che cosa ti ha insegnato l’esperienza della pubblicazione? E che cosa pensi della pubblicazione con un piccolo editore? L’editore REI ti ha offerto quello di cui credi un autore emergente abbia bisogno? 

Sono fiera che un editore abbia deciso di darmi fiducia e di mettere il nome sui miei manoscritti. 
Sono però al secondo romanzo, sempre con la stessa casa editrice, e non ritengo quindi di saperla lunga in materia. La mia esperienza è stata positiva, soprattutto se la raffronto con quelle di altri amici scrittori emergenti, che sono stati raggirati o nella migliore delle ipotesi presi in giro, ma si tratta pur sempre di una singola esperienza. 
La prima cosa che sono tuttavia sicura di aver imparato da questa esperienza è a non lasciarmi abbattere di fronte ad un milione di “no” come riposta. Ci sono editori che non si prendono nemmeno la briga di leggere un manoscritto, ma non vuol dire che il manoscritto in questione non abbia alcun valore o sia un pessimo lavoro. Scommetto che ci sono tanti ottimi romanzi che non possiamo leggere solo perché i loro autori si sono arresi o peggio ancora si sono convinti che il loro lavoro non sia degno di essere letto. 
Il secondo insegnamento che penso di aver tratto dalla pubblicazione è che, a meno di non chiamarsi “Rowling”, scrivere non può diventare un lavoro nel senso letterale del termine, ovvero un mezzo per mantenere se stessi ed una famiglia in maniera dignitosa. 
Fino a non molto tempo fa avrei detto che non mi sarebbe piaciuto fare della scrittura il mio lavoro. Probabilmente in qualche intervista ho perfino sostenuto che fare della scrittura un lavoro significherebbe renderla meno autentica. Ora invece penso (visto che le persone normali cambiano opinione) che mi piacerebbe avere il tempo per fare quello che mi piace fare senza avere il problema di tirare a campare e scrivere nel tempo libero (dopo aver pulito, sistemato, fatto la lavatrice, stirato e convinto la mia famiglia che non sono una figlia/fidanzata/nuora degenere). 
Tuttavia questo non è un paese per scrittori. 
Almeno sembra essere un paese di sognatori che pensano che la vita sia qualcosa di più di uno stipendio o di un conto in banca. 


Chi sono i tuoi lettori più fidati? 

Nessuno ha letto i miei manoscritti prima della pubblicazione. 
Durante le fasi di scrittura, ovvero da qualche anno a questa parte, però, quasi ogni sera, prima di addormentarmi, al buio, racconto a FF che cosa sta succedendo in quello che sto scrivendo. Lui di solito non mi risponde e spesso sono sicura si addormenti prima che io finisca il racconto. E’ una specie di rituale che aiuta me a tenere le redini di un discorso che rischierebbe di diventare troppo complicato. Di solito, se non riesco a raccontare a FF che diavolo sta succedendo, è segno evidente che devo riprendere in mano qualche pezzo e dargli una sistemata perché diventi più accessibile. Non posso quindi ritenere FF un mio lettore vero e proprio. 
Dopo la pubblicazione, quando i romanzi hanno visto la luce, ci sono stati dei commenti che ho temuto più di altri. 
In primis ho temuto i commenti di mio padre, dal momento che entrambi i miei lavori sono pieni di parolacce (Alice sa essere a volte terribilmente sboccata) e di fronte a lui non azzarderei nemmeno un timido “porca miseria” a mezza voce. 
In secondo luogo ho temuto il giudizio di Michele Bressan, vecchio amico e scrittore emergente. Da sempre lo ritengo il Nick Hornby italiano e penso che abbia un talento fuori dal comune. Il suo romanzo d’esordio, “la radice del rovo”, mi ha lasciata senza parole, ma è soprattutto con il recente “brutti anatroccoli” che secondo me è venuta allo scoperto la sua eccezionale capacità. 
Lui sa essere divertente ma anche tragico, superficiale ma mai scontato, critico spietato ma con un tono scanzonato che a volte ti chiedi se sia serio: insomma lo ritengo uno scrittore vero, non uno che ha scritto una cosa e sta a vedere che succede. 
Dare in mano a lui il mio romanzo d’esordio è stata durissima e ho atteso con ansia il suo giudizio. Leggermi citata nei ringraziamenti de “la radice del rovo” è stato il riscontro più positivo che potessi immaginare: che emozione! 

In che modo promuovi le tue opere? Web, presentazioni, altro? 

Non ho ancora trovano una libreria che mi ospiti per una presentazione. Anzi, sai che ti dico? Che quasi quasi mi lancio in un appello, se me lo permetti: librerie, io sono qui e sono disponibilissima per una presentazione. Così disponibile che porterei anche i biscotti fatti in casa. 
A discolpa delle librerie c’è da dire che sono stata fino ad ora piuttosto pigra e non mi sono poi sbattuta tanto per contattarle e propormi. 
Per ora mi sono limitata a parlare dei miei lavori nel mio blog (http://taccodieci.blogspot.com) ed il passaparola ha fatto il resto. Sono contentissima delle vendite: i numeri non sono stratosferici, ma di sicuro non ho così tanti amici che possono aver acquistato i miei libri per pietà. Questo è segno che qualcuno deve pur aver consigliato un mio romanzo ad un’amica e questa è un’altra delle cose di cui vado fiera. 


Ora è inevitabile che io ti faccia un’ultima domanda: progetti per quanto riguarda la scrittura? Ma, soprattutto, la storia di Alice non sembra essere finita… ci dobbiamo aspettare presto un seguito? :) 

Come anticipavo prima, sono in fase di scrittura di un terzo romanzo. 
Ho per ora lasciato da parte Alice e i suoi amici e mi sto cimentando in una storia completamente nuova. Si tratta sempre di chick lit, l’ambientazione è sempre padovana, pur con delle capatine oltreoceano, ma i personaggi e il loro stile sono completamente differenti. Probabilmente se Alice e la mia nuova protagonista si trovassero a faccia a faccia nella stessa stanza si scannerebbero. 
Alice mi ha dato molto e penso che rimarrà sempre una parte di me. In fin dei conti l’ho creata pensando a come potrebbe essere una mia migliore amica e, come prevedibile, mi ci sono affezionata. Ho volutamente lasciato aperto anche il finale di “voglio un matrimonio in Sergio Rossi” perché magari, tra qualche anno, mi verrà voglia di scrivere un terzo volume di quella che allora diventerà una trilogia. Adesso invece ho voglia di novità e di andare a vedere che cosa c’è fuori dal mondo di Alice. 
Sono circa a metà di questo nuovo lavoro, che sta procedendo più a rilento rispetto ai precedenti a causa di condizioni lavorative avverse per una scrittrice-lavoratrice (ma quando mai le condizioni sono favorevoli, d’altra parte?) e ad oggi posso dire di aver incontrato dei personaggi interessanti, con dei tratti particolari che messi insieme stanno dando vita a qualcosa che per ora mi piace molto. Anzi, dirò di più: per ora questo romanzo mi sta piacendo più dei primi due. 
In ogni caso c’è ancora molto da scrivere e lo devo coniugare con la vita avventurosa di una ragazza normale e il mio impegno come opinionista per l’Indro, un quotidiano online. Si tratta di una collaborazione nata subito dopo la pubblicazione di “le bugie hanno le gambe lunghe e il tacco dieci”, che mi permette di dare libero sfogo alla mia vena critica e maggiormente interessata ai fatti di cronaca e politica. Ogni mercoledì esco con un pezzo d’opinione, talvolta aciderrima, su questo quotidiano indipendente. Sì, lo so che tutti i quotidiani dicono di fornire informazione indipendente, ma l’Indro lo fa veramente. Prova di ciò è che io, la ragazza della porta accanto con una laurea che con la scrittura non c’azzecca proprio niente ed un cognome sconosciuto, sono uno dei soci fondatori. 
Insomma: i progetti non mancano e non sono una che li tiene chiusi nei cassetti ad ammuffire. 


Complimenti per tutt e grazie per essere stata sul mio blog e… a rileggerti con piacere! 

Grazie a te Simona. Spero vivamente anch’io di leggere presto qualcosa di tuo. 





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Per rispondere a un'intervista, scrivimi: alamuna@gmail.com 


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